Maurizio Brunod e le sue “signore”: il viaggio continua.

Maurizio Brunod – “Trip with the ladies” (Chapter 2)

A distanza di un paio d’anni dalla prima “spedizione” di cui parlammo qui, Maurizio Brunod, chitarrista membro di varie formazioni della attuale scena jazz nazionale (oltre a quelle a proprio nome, Enten Eller con Massimo Barbiero, Giovanni Maier e Alberto Mandarini, e Gulliver con Danilo Gallo e Massimo Barbiero) ritorna alla dimensione solista ed acustica del disco “A trip with the lady“, che celebrava l’incontro con un modello speciale di chitarra prodotto dal liutaio italiano Mirko Borghino in omaggio al marchio Rolls Royce.

Questa volta le ladies del titolo pubblicato da Caligola records sono quattro -insieme a “The Lady“, la “Miraggio Acoustic 12” e l’ acustica “Piccola” realizzate da Borghino, oltre alla classica “Gran Concerto limited edition” curata da Aldo Illotta –  e Brunod si alterna fra loro in dieci brani di una session registrata con grande attenzione alla veste sonora da Enrico Caruso ed Edoardo Gennaro . Come ormai siamo abituati, il chitarrista piemontese ha la capacità di entrare in immediata sintonia con l’ascoltatore, prendendolo per mano e conducendolo, con una forza tranquilla che lascia da parte il virtuosismo e si concentra sull’espressività, all’interno delle proprie storie ambientate in scenari emozionali, geografici o immaginifici. Ed eccoci quindi, naso incollato alla finestra, ad aspettare la neve nel primo brano dell’album (“Waiting for the snow”), un’ elegia dell’attesa in chiave folk, o seguire trepidanti le atmosfere sospese ed intrise di mistero della già nota “Teseo“, in cui le chitarre si moltiplicano ed il rigore formale si alterna allo straniamento, o ancora ritagliarci momenti di raccoglimento seguendo precise logiche narrative (“Melancholic mood“).

Togo” e “Time to remember ” svelano altre facce dell’universo del chitarrista, altre tappe del viaggio: la prima riesce a mescolare un’ambientazione country, leggera e spigliata, con uno sviluppo da desert blues, mentre la seconda, fra le composizioni più originali ed elaborate, ci trasporta, con i suoi risoluti passi ritmici e le iterazioni melodiche, in un affascinante quanto immaginaria terra di confine fra Sud America ed Oriente.

Se la capacità di fraseggio ed utilizzo del colore con la chitarra elettrica caratterizza i toni melanconici di “Floating away” , “Studio 1” è quello che dice il titolo, un piccolo esercizio che racchiude mirabilmente, in poco più di due minuti, emozione e controllo.

Oltre agli otto originali abbiamo due covers. L’interpretazione della famosa canzone di Sergio Ortega “El pueblo unido“, bandiera musicale ed ideale degli Inti Illimani e della Liberation Music Orchestra di Charlie Haden e Carla Bley, presentata in forma collettiva anche nel recente “The Billia sessions” del trio Gulliver con Roberto Ottaviano: qui l’inno libertario è affidato alle sole corde della chitarra , ma non perde nulla della potenza emotiva delle altre versioni. E quindi la classica ballad “Blue in Green“, firmata da Miles Davis e Bill Evans e pescata da “Kind of Blue”, il cui tessuto armonico è indagato in profondità, ricavando spazio per nuove prospettive musicali.

Il viaggio si chiude con una celebrazione di un vecchio amore musicale del protagonista, il prog rock, omaggiato nell’emblematica “Progressivamente“, una composizione basata su arpeggi ed intrecci armonici che confluiscono in un tessuto denso e stratificato, a simboleggiare l’ennesima dimensione del percorso, quella temporale.

Il consiglio è senz’altro di iscriversi a questo viaggio ed affidarsi ad una guida accorta, Maurizio Brunod, che non farà mancare sorprese e visite interessanti.

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