Renee Rosnes e Bill Charlap, due fra i più noti ed accreditati pianisti della scena jazz contemporanea, sono sposati dal 2007 e convivono in una casa che ospita due pianoforti gran coda, sui quali compongono, si esercitano, suonano. Talvolta contemporaneamente, e si immaginano serate libere dalle rispettive tourneè nelle quali entrambi siedono al proprio strumento e, anzichè condividere un film o raccontarsi la giornata, dialogano tramite la musica. Un paio d’anni dopo il matrimonio, nel 2009, hanno deciso di lasciare una traccia fisica di quelle esperienze domestiche, registrando alla Kaufmann Concert Hall di New York, una sala frequentata spesso da entrambi i pianisti, l’album “Double portrait” pubblicato poi da Blue Note. Ne parlo ora perchè il cd, avvistato da tempo su una bancarella dell’usato, dopo qualche resistenza dovuta a mie riserve sul formato del doppio pianoforte, ha trovato accoglienza fra i miei scaffali. Avevo torto, devo confessare, perchè il talento e la sensibilità dei due musicisti, unita all’abitudine di suonare insieme, assicurano una sceneggiatura musicale ottimale, evitando sovrapposizioni di ruoli e protagonismi, tanto che in più di una occasione sembra di ascoltare un solo pianista all’opera. Altro punto di forza dell’album, che riporta il quadro di Marc Chagall “Over the town” in copertina, è il repertorio scelto , uno fra i tanti possibili per i due compositori ed interpreti, che spazia fra epoche e generi con sguardo aperto e capacità di rendere personali le letture di standards del jazz e brani provenienti dalla tradizione di diversi paesi. Si parte dal Brasile, infatti, con un “Chorinho” composto dal compianto Lyle Mays, il pianista a fianco di Pat Metheny fin dagli esordi: un incedere classico lascia presto spazio alla esuberante melodia ed alle variazioni ricche di inflessioni blues e jazz, confezionando nella cifra della rigorosa espressività propria dei due protagonisti, un tributo ad un autore che andrebbe più spesso ricordato per i meriti compositivi autonomi.
Antonio Carlos Jobim è l’autore del brano che intitola la raccolta, una bella melodia in chiaro scuro che i due eseguono facendone emergere tutte le sfumature emotive, mentre a Wayne Shorter si deve la “Ana Maria” interpretata con un dinamismo che non trascura le complesse costruzioni armoniche del sassofonista. Dopo l’immaginifica e neo classica “The Saros cycle” composta da Rosnes, uno dei brani di maggiore presa emotiva, una ricostruzione minimale e drammatica di “My man’s gone now” da “Porgy and Bess” di George Gershwin, sorta di scalata lenta e progressiva verso la enunciazione del celebre tema, con tanti rivoli laterali che nel suo sviluppo prendono forma e diventano autonomi. La seconda parte si concentra su alcuni standards tratti da diverse epoche del jazz, dalla popolare melodia di “Dancing in the dark” brano del 1941 composto dalla coppia Howard Dietz / Arthur Schwartz, ad una vibrante “Inner urge” di Joe Henderson, fino alla lirica semplicità della ballad “Little glory” composta da Gerry Mulligan.
La chiusura è affidata a “Never Will I Marry“, canzone scritta da Frank Loesser e resa popolare nella versione di Nancy Wilson con Cannonball Adderley, che Charlap e Rosnes rileggono circondando la melodia di una scia di frammenti improvvisati o tratti dal loro sterminato songbook.
Non si conoscono le intenzioni della coppia circa un eventuale seguito a “Double portrait“. Per certo i due non hanno smesso il loro dialogo casalingo e concertistico : eccoli in un recente show di fine luglio 2025 al Birdland, piano to piano.
