Due o tre riflessioni sui festival

La conclusione del Jazz Festival di Saalfelden mi porta a condividere alcune riflessioni generali, valide in ogni contesto e paese. Innanzitutto la cittadina austriaca è la dimostrazione che è possibile fare un festival jazz di qualità e senza compromessi. Non è facile, bisogna fare crescere nel tempo un pubblico e anche i luoghi deputati, ma alla fine la perseveranza e la coerenza pagano, e si stima un impatto economico del festival superiore ai 5 milioni di euro sull’economia locale. Tutto ciò mentre altri festival, dal budget largamente più ricco, che da tempo hanno aperto al rock e al pop, chiudono comunque a debito la loro gestione.


Come annotavo lo scorso anno l’ età media del pubblico rimane alta, fenomeno comune quando la musica è senza compromessi, ma qualche spiraglio si intravede, la presenza di una fascia più giovane diventa vitale per la continuità della nostra amata musica.


“Nel corso del tempo molto è cambiato a Saalfelden, ma non l’impostazione coerente e rigorosa sul programma: jazz contemporaneo in tutte le sue manifestazioni, protagonisti e direzioni. Nessun cedimento al facile, alla moda del momento, al nome di successo ma slegato dalla creatività e alla contemporaneità.”

Questo scrivevo un anno fa e questo il senso del premio giustamente attribuito da EJN al festival per i programmi coraggiosi e innovativi. Una impostazione di questo tipo da noi la si può trovare in poche manifestazioni che fortunatamente stanno crescendo, penso a Novara, Mantova, Cormons e altre realtà a me più lontane e che purtroppo non conosco direttamente ma che seguo con attenzione.

https://youtu.be/o39130u2Nus?feature=shared


Se un piccolo appunto debbo fare a Saalfelden è nella mancanza di una maggiore presenza di musicisti italiani. I nomi non mancano di certo, e mi scuso con quelli che non cito, dal quintetto di Roberto Ottaviano a Marco Colonna, i Nexus di Tononi e Cavallanti, Pasquale Mirra, Fabrizio Bosso,  l’ orchestra di Dino Betti, Enten Eller e magari anche Odwalla, che a mio parere raccoglierebbe enorme consenso. Per il momento la presenza di nostri connazionali è molto limitata, pur se di qualità, speriamo che Mario Steidl, il direttore artistico, dia una occhiata più attenta dalle nostre parti.

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