DOMENICA 7 Dicembre il Conservatorio di Musica G. Puccini di Gallarate è lieto di annunciare il conferimento della Laurea honoris causa al Maestro Guido Manusardi, pianista e compositore di fama internazionale, tra le figure più autorevoli e rappresentative del jazz europeo.
La cerimonia si terrà presso il Teatro del Popolo di Gallarate, l’evento sarà moderato dal Dott. Enzo Fiano, musicologo, divulgatore e voce di riferimento nel panorama culturale italiano.
Il Maestro Manusardi si esibirà in un concerto pianistico.
Nel motivare il prestigioso riconoscimento, il Direttore del Conservatorio, M. Carlo Balzaretti, ha dichiarato: “Considero Guido Manusardi uno dei pianisti jazz più raffinati ed eleganti che abbia mai avuto modo di ascoltare: la sua straordinaria competenza e la ricchezza del suo linguaggio armonico costituiscono il magistero di un pianismo cosmopolita e multilinguistico, nel quale convivono in perfetta sintesi i capisaldi del grande jazz, la tradizione tardo-romantica europea e le risonanze etnico-popolari dell’Est, senza dimenticare la matrice rumena e la luminosa eredità di Béla Bartók.”
La carriera di Guido Manusardi, sviluppatasi tra Italia, Svezia, Finlandia, Polonia, Olanda, Romania e i più importanti palcoscenici e teatri internazionali, testimonia un percorso artistico di ricerca e libertà espressiva. Con la sua musica, Manusardi ha saputo fondere lirismo e grande virtuosismo, innovazione e tradizione, divenendo una voce unica nel panorama del jazz mondiale.
Questo riconoscimento si inserisce nel progetto culturale del Conservatorio Puccini volto a valorizzare le eccellenze artistiche che, attraverso il proprio talento e la propria dedizione, contribuiscono a diffondere nel mondo il patrimonio musicale europeo.

Nel jazz italiano il caso di Guido Manusardi è singolare: costituisce infatti l’unico esempio di un nostro musicista che, dapprima affermatosi all’estero, sia giunto in patria solo in un secondo tempo, godendo di quella stima e di quella considerazione generalmente riservate ai musicisti stranieri. L’atteggiamento immediatamente e universalmente favorevole della critica non ha comunque prodotto per Manusardi, in Italia, né maggiori occasioni di lavoro né, tantomeno, una migliore comprensione della sua musica».
Così esordisce Maurizio Franco nell’inserto di Musica Jazz dedicato al pianista di Chiavenna (Sondrio), nel aprile del 1998.
E Roberto Arcuri, nel suo bellissimo blog JazzfromItaly aggiunge:
Chissà se fu per via del suo stile trasversale, o del suo carattere defilato, che la critica e la produzione discografica ebbero più difficoltà d’inquadrare la sua musica, fatto sta che gli investimenti su questo artista italiano tardarono ad arrivare. O forse, più casualmente, fu per il periodo storico nel quale Manusardi si è presentato sui nostri palcoscenici. Classe 1935, il suo pianismo potrebbe essere rimasto schiacciato tra i pionieri Trovajoli (’17), Cesari (’20), Sellani (’27), Gaslini (’29) e la generazione appena successiva, che ha sicuramente goduto di un’identità più dichiarata, quella cioè che va da Franco D’Andrea (’41) a Pieranunzi (’49), un po’ come è successo ad Enrico Intra (’35), Oscar Rocchi (’36) o Mario Rusca (’37), per intenderci.

Altrimenti è inspiegabile come alcune perle della sua produzione anche più recente, come ad esempio The Village Fair (Soul Note, 1997), siano sempre state messe in attesa prima di essere nuovamente disponibili sul mercato e, in questo caso, solo grazie al traino di un musicista “ospite”, seppur di notevole valore, a discapito delle composizioni e degli arrangiamenti, tutta farina del sacco del nostro (Gianluigi Trovesi – The Complete Remastered Recordings on Black Saint & Soul Note – Cam Jazz, 2015).

In ogni caso, se è vero che dimenticare stanca, è anche vero che compararci con gli altri paesi resta un learning interessante, quantomeno per affermare chiaramente quali sono i nostri pregi e quanti i nostri limiti.
Oltremera, il brano che propongo, è il nome del rione di Chiavenna dove Manusardi è nato
Mentre la notizia mi riempie di soddisfazione, da amico e concittadino del paese natale di Guido, non posso che esternare il mio disappunto: qui nessuno ne sa nulla, tanto meno le “autorità “, e ben pochi, soprattutto i giovani, conoscono Manusardi, ancor meno la sua musica. Nessuno è profeta in patria, mai così vero. Un giorno, il più lontano possibile, i politici locali gli dedicheranno vie, scuole, auditorium. Sarà un ricordo tardivo e ben poco sincero. Amen.
Oggi Guido compie 90 anni. Un traguardo invidiabile sia per l’uomo che per l’ artista. Ripropongo, a integrazione, un articolo scritto cinque anni fa per gli 85 anni. Auguri di cuore Guido.

Dice l’ottimo Arcuri che il pianismo (e la figura) di Manusardi è rimasto schiacciato tra due generazioni diverse. A ben guardare, anche gli esponenti di quella più anziana non godono di grande notorietà: “Rusca, chi era costui?” potrebbe ben essere la battuta di intere generazioni di jazzofili cresciute dagli anni ’90 in poi. Ad onta della sua militanza e del suo attivismo teorico ed organizzativo nei ’70 ed ’80, anche Gaslini è scivolato nell’ombra che avvolge il passato prossimo dalle nostre parti. Trovaioli è noto solo per la sua seconda vita di compositore di brillanti colonne sonore per il cinema. Di Cesari e Sellani (quest’ultimo scomparso solo pochi anni fa) non è neppure il caso di parlare. Sorvoliamo sulle responsabilità di RAI (tirare su di un rinoceronte con una cerbottana è esercizio grottesco, prima ancora che inutile..), ma è il caso di riflettere anche sulle conseguenze del deserto discografico che si è creato in Italia: il jazz vive e si tramanda con i dischi, e pressochè tutte le etichette che hanno diffuso il jazz italiano dalla metà dei ’60 sino all’inizio dei ’90 sono scomparse: non solo, ma sembrano colpite da una specie di ‘damnatio memoriae’ in tempi in cui pure si ergono monumenti a futilità di tutti i generi. Last but not least, c’è da fare i conti con la propensione del pubblico attuale al divismo ed al culto della personalità: e nessuna delle figure che si sono ricordate aveva la vocazione dello showman o dell’entertainer, anche quando sapevano muoversi sul palco con innata eleganza ed ironia, purtroppo due monete fuori corso nel nostro bel mondo di oggi. Milton56
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