DESAPARECIDOS – IL JAZZ IN ITALIA TRA GLI ANNI ’50 E ’70 – 2^ PUNTATA

Continuiamo ad aggirarci in plaghe d’ombra e di nebbia. Nel caso di Franco Tonani è stato persino arduo trovare in rete una sua foto: quella che vedete è solo un particolare della copertina di un album di cui si parlerà poi.

Se gli inizi del jazz in Italia sono stati stentati ed ardui (e non solo per l’avversione del potere politico di turno, ma anche – e forse soprattutto – per l’ostilità di un vasto milieu culturale ed artistico, ricordiamolo), a maggior ragione lo è stato l’esordio della batteria, uno strumento letteralmente ‘inventato’ dal jazz, e neppure nei suoi primordi. Piatti, tamburi e grancasse incarnavano poi i caratteri jazzistici più in conflitto con la tradizione musicale nostrana, ivi compreso l’orecchio del pubblico medio.

… non giovò nemmeno il condominio dello strumento con la prima ondata del rock degli ‘urlatori’….

Questo spiega perché il nostro jazz abbia avuto a lungo il suo tallone d’achille proprio nel settore delle percussioni: un handicap che si è fatto più forte e visibile al primo contatto con il jazz moderno negli anni ’50. Abbiamo dovuto aspettare molto prima si veder apparire batteristi di notevole statura, che potessero consentire alle nostre front line di battere le stesse strade intraprese dai colleghi d’oltreoceano.

Ma anche in questo campo ci sono stati dei sorprendenti e quanto isolati pionieri, anche qui emersi dalle nebbie di un passato mitico ed insondabile. E’ il caso del nostro Tonani, il batterista d’elezione di varie formazioni che hanno dato una bella scossa alla nostra scena.

La seconda foto disponibile. Poi basta…

Anche in questo caso dell’uomo si sa poco, mentre il musicista fortunatamente è stato preservato da un pugno di dischi, ed un paio sono addirittura riemersi ai nostri giorni per un breve momento.

A che pro un video di un giradischi che suona? La domanda è legittima, ma la risposta è facile: il giradischi è in Giappone, e sta riproducendo la ristampa locale di un album italiano del 1964 (quando dico che il Giappone è la terza patria del jazz penso proprio a cose così). E’  “Night in Fonorama”, firmato giust’appunto dal nostro Tonani. Un disco che sotto diversi profili ha caratteristiche straordinarie. Innanzitutto è l’album di un batterista, fatto allora del tutto eccezionale sulla nostra scena. Poi basta scorrere la formazione per rendersi conto che i nostri jazzisti dei primi ’60 stavano aprendosi al mondo: Gato Barbieri è argentino, Ambrosetti svizzero (paese piccolo, ma ben più cosmopolita dell’Italia di allora). Gli italiani Tommaso e D’Andrea erano solo all’inizio di una lunga strada che avrebbe fatto la storia del nostro jazz. Infine “Night in Fonorama” appartiene alla ristretta cerchia dei ‘dischi della notte’, un vero e proprio sottogenere jazzistico, che ha prodotto frutti di gran fascino ed immediatamente riconoscibili. Ma dietro la scelta di registrare in una bella notte di maggio del 1964 non c’era alcun calcolo estetico: molto più prosaicamente l’avveniristico studio di registrazione Fonorama di Milano costava così tanto che i nostri poterono permetterselo solo dal tramonto all’alba, che vide l’ultima take mentre Milano si risvegliava. Il risultato è questo:

Miles e Trane sono ad un passo, e se si pensa a quello che si faceva in Italia solo un paio di anni prima, la cosa ha dell’incredibile. Il drumming leggero e sottile di Tonani era poi cosa dell’altro mondo, “otherwordly”, come dicono i cugini yankee che ci guardano in cagnesco.

Imitazione servile? Sudditanza culturale? C’è chi in seguito avrebbe sottilmente argomentato così in altri contesti e frangenti, bah!. Ma niente mi leva dalla testa che questa musica era perfettamente in linea con il sentimento di un’Italia che usciva da un cupo ed interminabile dopoguerra e si apriva al mondo con uno slancio di vitalità ed un’apertura al futuro che oggi ci troviamo ad invidiare e rimpiangere:

En passant, pochi anni fa questo disco è stato ristampato da Schema Rearward, che aveva avviato una meritoria operazione di riscoperta e riproposizione di piccoli, cruciali tesori del nostro jazz anni’60. Purtroppo questo prezioso lavoro di scavo  e soprattutto di restauro si è interrotto, dopo averci fatto lustrare gli occhi per un poco.

Ma toriniamo al nostro Franco. “Un exploit isolato può capitare a tutti”: mi sembra già di sentire qualche voce scettica. Ed invece no: pochi anni dopo, in un 1970 pieno di fermento dentro e fuori dalla musica, ecco di nuovo il nostro al posto giusto ed al momento giusto:

Attenzione alle mobilissime ed inafferrabili ‘cortine di suono’ di Tonani. Per fortuna anche quest’altro piccolo tesoro è stato tirato a lucido e salvato da Gleam Records, a questo punto ci aspettiaamo anche dell’altro. Anche qui la compagnia è rivelatrice, siamo sulla ‘cutting edge’, per dirla con i cugini di cui sopra.

Ma il Tonani leader e compositore in proprio non dormiva: ed ecco un suggestivo e raro album, sempre del 1970, ed anche questo mi sembra figlio di un tempo di intrepide avventure:

Ancora una volta, notare la compagnia: nel jazz ci si sceglie e ci si definisce a vicenda, la solitudine solipsistica è contraddizione in termini (al contrario di quanto si pensa talvolta oggi). Nel frattempo sul curriculum del nostro figuravano anche collaborazioni con un Giorgio Gaslini all’apice della creatività (‘Nuovi Sentimenti’, ‘Message’, ‘Colloquio con Malcom X’), con Giorgio Azzolini (altro desaparecido in attesa…) ed infine nella pimpante Orchestra di Ritmi Moderni, cioè la big band jazz della Rai, che allora concentrava il gotha dei nostri jazzmen (consentendogli finalmente di metter insieme il pranzo con la cena….; niente paura, questa sibaritica eccentricità è poi caduta vittima di un penitenziale piano di austerità dell’inizio anni ’90, l’abbonato forzato può dormire sonni tranquilli).

Ma come tutte le meteore, anche quella di Tonani era destinata a ricadere nell’ombra: qui si parla di una dura polemica con l’ambiente musicale italiano, cosa non infrequente in tempi in cui discussioni anche aspre si tenevano in pubblico, anziché cosumarsi con silenziose vendette trasversali e felpate messe al bando. Fatto sta che il nostro sbatte rumorosamente la porta e di lui poco si seppe in seguito. Gli auguriamo ogni bene per queste schegge di bellezza che ci ha donato. Tra le ultime, l’apparizione in una di quelle colonne sonore per film di genere che hanno dato frutti intriganti per il nostro jazz. Roberto Nicolosi (quelli della mia era geologica se lo ricordano ancora conduttore di programmi jazz alla radio) arruola anche Tonani per la soundtrack del thriller ‘L’Occhio del Labirinto’ del regista Caiano, che poi firmerà degli apprezzabili adattamenti dai romanzi del grande Scerbanenco. Ecco un frammento, con le sottili bacchette di Tonani in evidenza. Stay tuned, la Ricerca del Tempo Perduto prosegue. Milton56

 

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