Nella galassia del jazz italiano, accanto a stelle e pianeti da tutti visibili anche ad occhio nudo, orbitano una miriade di satelliti, da cercare con strumenti dedicati, innanzitutto una certa curiosità, e l’ammirazione, magari un po’ paternalistica, per chi crede in un’idea di musica personale, e naviga quindi in acque extraterritoriali rispetto alle correnti del jazz tradizionale o d’avanguardia. Due esempi di questo tipo giungono da giovani musicisti alla prima esperienza discografica, condotta con le ingenuità del caso, ma nel segno di una ben chiara linea personale. In “Overtour” (Dodici Lune) il pianista emiliano Marcello Claudio Cassanelli realizza un esplicito omaggio ai ritmi latin ed allo stile del Chick Corea dal “cuore spagnolo”, confezionando una stringata mezz’ora in cui riesce a fornire un saggio lampante delle proprie capacità esecutive al pianoforte, rhodes ed al moog. Si spazia dalle complesse trame tematiche “ad incastro” di “Kotor bay”, che riserva ampio spazio al basso elettrico di Blake c.s. Franchetto, e di “Fused”, alle esuberanti ritmiche tanguere di “Bairro Alto”, da “Giulia”, delicata ballad che confluisce in un pacato ritmo swingante, fino al piano solo di “Prelude to La Fiesta”, piccolo viaggio fra diversi stili, in cui emergono magniloquenti frasi latin alternate a sezioni di stampo neo classico. Unica eccezione al generale orientamento del lavoro, il neo bop di “Late Night”, con il tema condotto dalla decisa voce del sax ospite di Cristiano Arcelli . Accurato e perfettamente in sintonia con l’esuberante clima ritmico complessivo, l’apporto di Bruno Farnelli alla batteria, del bassista Franchetti e dei vocalizzi di Giulia Barozzi nel brano che chiude questo breve ma vorticoso “Overtour”. Su lidi completamente distanti si sviluppano i viaggi di Eazy Quartet (Alessio Migliorati , Marco Punzi, Francesco Marchetti e Fabrizio Carriera), che orientano l’esordio autoprodotto “Snow”, sul contrasto timbrico fra la voce dolce del flauto e quella aspra e talvolta dissonante della chitarra elettrica, declinando nel linguaggio del jazz contemporaneo europeo scampoli di progressive rock e free, e coniugando struttura e parti improvvisate con paritario equilibrio. Sette composizioni originali fra le quali spiccano l’iniziale “Knoten” che contiene in sintesi tutti gli elementi del lavoro, la divertita marcia “Ballad for Bob” con il trombone di Roberto Rossi, “Thanks to the Alfa folks” che colloca su una base swingante l’inquieto sviluppo tematico, e la conclusiva “The story is happy end”, connotata da un bel tema dalla vena malinconica. Musica tutt’altro che easy, a dispetto della ragione sociale, anzi frutto di un progetto accurato ed impegnativo sviluppato nei tre anni di vita del quartetto : si ascolti l’unica cover presente , la dedica a Bill Evans “Dont’forget the poet” di Enrico Pieranunzi , interpretata con maturità e taglio originale che enfatizza il refrain del basso per aprire lo spazio al volo libero del flauto di Migliorati ed al seguente solo della chitarra di Punzi. Teniamo aperti i cannocchiali.
Viaggi fuori rotta di giovani esploratori coraggiosi
