La discesa in Italia di Ambrose Akinmusire fornisce occasione ideale per dare spazio a questo secondo disco di Camilla Battaglia “Emit: Rotator Tenet” (Doodicilune), uscito a fine 2018, che ospita in tre brani il trombettista statunitense, integrando le sonorità inquiete del suo strumento in un progetto di grande ambizione e dai molti motivi di interesse. Innanzitutto il tema e le fonti di ispirazione: lo scorrere del tempo e la sua ciclica ripetizione, sintetizzata nel titolo che non varia anche se letto in modalità invertita, a cui si richiamano riferimenti poetici, tramite l’opera dell’americana Sylvia Plath, filosofici, con suggestioni dalle opere di Heidegger e Neitzsche, e scientifici, tratti dalle teorie del fisico Carlo Revelli de “L’ordine del tempo”. La traduzione in musica è un concept album dalle tante facce, quante possono essere le realtà parallele collocate in dimensioni temporali diverse, nelle quali convivono una pluralità di componenti. La ritmica squadrata forte e groovin’ assicurata da Bernardo Guerra e Andrea Lombardini, che ricorda certe scansioni spigolose di Steve Coleman, l’uso moderato ma penetrante dell’elettronica, le improvvisazioni affidate soprattutto all’efficace sax alto di Michele Tino ed alla tromba di Akinmusire, e la peculiare vocalità della leader, inevitabilmente collegabile alle ascendenze familiari (Camilla è figlia di Tiziana Ghiglioni e di Stefano Battaglia), che letteralmente modella l’andamento dei brani, spaziando dalla propensione melodica al recitativo fino a parti in totale libertà, ed attingendo tanto al jazz quanto a territori distanti, come rock e canzone. La sintesi assume forme di maggior compiutezza in “Be still in motion”, fitta di dialoghi fra il sax alto di Michele Tino e la tromba, e nel successivo “Same difference”, con parti in solo ed alla guida di una corale sezione finale del sassofono, mentre in altre sezioni prevale la multiforme vocalità della Battaglia (“Event”, “Crossing the river”, titolo ripreso da una raccolta della poetessa Plath), o si affacciano istanze più inclini al free ed alla sperimentazione (specie nella seconda parte di “You don’t exist”).
Un lavoro a cui ben si addice la definizione di progetto, che riesce efficacemente a tradurre in linguaggio concreto ed anche passionale le premesse concettuali, e che trova forse l’unico piccolo limite nel dosaggio un po’ affannato dei tanti ingredienti utilizzati. Risultando, alla fine, significativo ed ammirevole esempio della tumultuosa creatività dell’autrice e del suo mondo, in cui convivono la musica ed altre arti o campi del sapere, in continuità con il precedente “Tomorrow – 2 more rows of tomorrow” del 2016, anch’esso dedicato al concetto di tempo. Come dimostra anche la nuova iniziativa che coinvolge Camilla Battaglia di questi tempi, la composizione della suite “Elektra”, dedicata a quattro figure femminili della storia greca, su testi tratti da tragedie antiche, letteratura del ‘900 e storia, con i musicisti del disco insieme a tanti giovani talenti della scena nazionale fra i quali Simone Graziano, Filippo Vignati , Stefano Tamborrino e Francesco Ponticelli.