I trii di Federica Michisanti sono irrevocabilmente destinati ad ambienti intimi e raccolti. Bergamo Jazz non poteva far di meglio che offrirgli la magica atmosfera dell’ex Oratorio di S.Lupo: la foto sotto dà solo una pallida idea del fascino del luogo.
S.Lupo, ambiente affascinante, ma acustica non facile
L’Horn Trio vede a fianco della bassista romana Francesco Bigoni al sax tenore ed al clarinetto (trascorsi a fianco di Enrico Rava e Stefano Battaglia, legami con il milieu del Gallo Rojo) e Francesco Lento alla tromba ed al flicorno (un altro sardo del jazz, in cui si è buttato anima e corpo lasciandosi alle spalle una già avviata carriera accademica, il suo più aggiornato ed eloquente biglietto da visita è la milizia negli Yellow Squeeds di Francesco Diodati).
“Silent Rides”, il CD dell’Horn Trio
Dal trio scaturisce una musica prevalentemente introspettiva, pacatamente meditativa, il cui elemento di struttura è senza dubbio il basso della Michisanti, leader discreta ma autorevole. Il suo fraseggio è pulsante e sciolto, il suo suono scuro e solido, una palpabile narratività evoca a tratti il modello di Charlie Haden; non mancano però talvolta ‘strappi’ sulle corde al servizio di occasionali momenti di ispirazione espressionista. Avremmo voluto ascoltarla in più frequenti sortite solistiche, dal momento che la non facile acustica dell’Oratorio assottigliava un po’ il suono del basso nei passaggi di insieme, e ciò nonostante una minimale amplificazione.
La sicura conduzione della Michisanti consente ai fiati di abbandonarsi spesso ad una fitta conversazione in cui spesso si gioca su marcati staccati; non solo, ma sia Lento che Bigoni possono consentirsi anche di concentrarsi sui timbri, conferendo alla musica d’insieme i colori tenui che le sono propri, che guadagnano anche da un certo spazio concesso al silenzio. Questi caratteri di fondo della musica del trio evidenziano l’inclinazione al lirismo di Lento, che non a caso ha suonato il flicorno per buona parte del set. Il sax tenore di Bigoni è invece parso più fluidamente discorsivo, alternando un suono morbido e velato che sembrava evocare sonorità tipiche della Third Stream a momenti di più plastica assertività quasi rollinsiana; anche il suo clarinetto, altrettanto convincente, ha avuto talvolta qualche maggiore asprezza e spigolosità.
Il finale del bel concerto ha riservato una piccola sorpresa con un brano di ispirazione bop, filtrato però in modo palpabilmente straniato e rarefatto.
Federica Michisanti ed il suo trio si confermano ancora all’altezza di tutto il bene che è stato detto di loro: la sua musica raffinata e moderna non è però fatta per le arene che purtroppo costituiscono la parte maggiore della nostra scena jazzistica. Sta a direttori artistici sensibili – non abbondano, purtroppo – creare il giusto ambiente per far sviluppare e filtrare tra il pubblico una delle voci più originali e preziose emerse nella nostra realtà: un piccolo miracolo, verrebbe da osservare. Milton56