Spero che il jazz non diventi sinonimo di pop

“La prima volta che ho ascoltato un disco jazz, è stato Mode for Joe del sassofonista Joe Henderson. L’album si apre con queste grida angosciate del sassofono, che erano davvero in sintonia con la mia stessa angoscia adolescenziale, ma poi  scivola in questo swing contagioso “, dice Don Was, presidente della storica e prestigiosa Blue Note Records. “Non ho mai perso di vista quell’angoscia, quel bisogno di mantenerla viva e di superare i limiti”.

Nel 2012, quando Was ne assunse la carica, la Blue Note rischiava di essere chiusa e trasformata in un’etichetta viva solo per l’imponente e magnifico archivio. “E ‘stata una combinazione imprevista e del tutto accidentale . Stavo facendo colazione con un vecchio amico,  il presidente della Capitol Records, che per conseguenza dirigeva anche Blue Note, e suggerii che avrebbero dovuto mettere sotto contratto Gregory Porter . L’avevo visto la sera prima e mi aveva sconvolto. Non avevo idea che stessero cercando qualcuno da assumere, e per di più con la carica di presidente! Fino ad allora avevo passato la vita cercando di evitare di avere un vero lavoro, ma questo era troppo irresistibile. ”

Nei sette anni trascorsi da quando Was ha preso il comando, Blue Note ha visto una rinascita nell’industria del vinile , concentrando gli sforzi su pubblicazioni audiofile di progetti di archivio –  così come la firma di nuovi artisti incluso il produttore di club R & B Lophiile , il batterista Kendrick Scott Oracle e Joel Ross , un vibrafonista che farà parlare a lungo di sé.

“Spero che il jazz non diventi nuovamente sinonimo di pop”, dice Was. “Parte del divertimento del fare jazz sta nello scoprire questa scena isolata e segreta che rispecchia radicalmente il suo tempo. Ciò significa che ora comprende il lavoro hip-hop che Kendrick Lamar sta facendo a Los Angeles con Kamasi Washington e la cultura dei club qui a Londra con persone come Nubya Garcia e Steam Down . ”

 

Per il futuro, quindi, l’unico piano di Was è di assicurarsi  che Blue Note “non registri dischi di merda”, dice ridendo. “Sono ottimista su tutto questo”, continua. “Se fai musica generosa, tutto il resto seguirà. Abbiamo bisogno di una grande forma d’arte che ci aiuti a comprendere le nostre complesse vite emotive interiori. ”

Fonte : liberamente tradotto (e ridotto) da https://www.theguardian.com/music/2019/may/20/blue-note-boss-don-was-interview-future-jazz?CMP=share_btn_fb&fbclid=IwAR2EhjA1oejz5CcKmB9B3yjq8-CM8QQFal8gQe7nDx8hH1LrFQXi9RfFNHA

 

2 Comments

  1. … ed è un ex produttore rock….. 😊. Bisognerebbe invitarlo in Italia a mettere un po’ d’ordine. Sogni a parte, Blue Note evidentemente è protetta in tutte le sue peripezie da una sorta di Spirito della Musica: all’inizio Wolff & Lion, poi Lundvall e Cuscuna, ora Don Was, uno che continua a riservare sorprese (piacevoli). Sta formando uns scuderia di musicisti che lavorando tra loro con continuità potrebbero ricreare quel laboratorio che era Blue Note negli anni ’60. Se solo riuscisse ad ingaggiare Marquis Hill e Christian Scott….. Peccato solo per le ristampe della collana ‘Tone Poet’, $.40,00 sono veramente parecchi, forse si poteva prevedere anche una linea parallela di cd a prezzi più umani, sull’esempio di Resonance. Comunque, ad maiora! Milton56

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  2. Mi pare che faccia affermazioni condivisibili quanto ovvie, per quanto da noi troppi facciano fatica a capire il contributo di artisti come Kendrick Lamar o Kamasi Washington.. A proposito, Steam Down non è un gruppo, è una jam-session collettiva che ogni settimana si svolge a Londra.

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