A Pescara continuano a chiamare jazz un festival che ormai è di musiche varie, più o meno interessanti, ma comunque con uno spazio per la musica jazz che anno dopo anno si restringe sempre più. Nulla di nuovo, è l’andazzo dei tempi, succede praticamente ovunque salvo che nei festival jazz di tendenza (non a caso da tempo i più stimolanti e appetibili, almeno per i miei gusti).
Naturalmente i motivi a monte di simili scelte sono noti, non mi ripeto per non annoiare l’accaldato lettore, e inoltre è legittimo che il direttore artistico programmi il cartellone con quello che meglio gli aggrada (a quando il duo di Piadena ?), anche se, come in questo caso, magari fa a cazzotti con una storia lunga di grande musica afro-americana.
Non mi stancherò di ribadire questi semplici concetti, almeno fino a quando non vedrò Vasco Rossi invitato alla Scala, allora mi rassegnerò e smetterò di brontolare.
Ma non è di questi argomenti, ormai più che masticati, che voglio parlare, bensi’ di quanto salta all’occhio guardando il poster qui sopra. Il costo del biglietto, una vera cartina di tornasole: 30 euro per Dee Dee, Joshua Redman e Jacob Collier . Ma 65 per Fiorella Mannoia e 40 per i Marlene Kuntz. In una ipotetica scala di valori, ammesso che sia possibile confrontare pere e mele, si tratta di un ribaltamento a 360 gradi. Molto indicativo, sia dei tempi che delle qualità più apprezzate. Una discrepanza ? Mah….
Pescara, estate 2007. Parco D’Annunzio – Flaiano (che coppia improbabile :-)… ). Lunghe code davanti agli ingressi del bell’anfiteatro all’aperto, qualche discussione per problemi di prenotazione, ritiro biglietti (prezzi contenuti alla luce di quel che seguirà), molti spettatori vengono da fuori regione, me compreso. Al calar del buio si comincia, sulle gradinate non c’è un buco nemmeno per un fachiro. Inizia Brad Meldhau, che pilota con soave, ma inflessibile discrezione Pat Metheny (alla faccia del nonnismo del jazz…). Segue la big band di Charles Tolliver, bel set, ma Tolliver è un po’ piccato dai grandi applausi per il suo pianista George Cables ed un po’ provocatoriamente lo costringe ad un paio di brani in solo fuori programma. Last but not least, la splendida nottata d’estate si conclude con un Ornette Coleman ultrasettantenne che suona come se non ci fosse più domani, seminando il panico tra lo staff che temeva che ci rimanesse sul palco… 12 anni fa…. Era un altro Paese? Cosa è cambiato? Cosa siamo diventati? E’ ora di chiedercelo molto seriamente e ‘senza sconti’, come si dice in ossequio all’imperante machismo (di cartone) . Utile rammentare che la prima edizione di Pescara Jazz risale al 1969…. L’anno dello sbarco sulla Luna. Milton56
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