Vecchi Amori Strumentali

Scott Robinson
TENORMORE  (Arbors Records)
Prezzo € 16,00

scott

Ne avevamo parlato poco tempo fa, di Scott Robinson, protagonista come multistrumentista sodale di Frank Kimbrough nell’integrale rilettura delle composizioni monkiane, e lo ritroviamo qui, in compagnia solamente di un vecchio sax tenore ed alla testa di un agguerrito quartetto, tra i cui nomi spicca senza dubbio quello della pianista texano/cinese Helen Sung, impegnata anche all’hammond in due episodi di “Tenormore” e che non perde l’occasione per dispensare lampi di classe a riprova di un talento in continua crescita e di una personalità pianistica di grande rilevanza.
Ma veniamo al protagonista vero e proprio del disco: il sassofono Conn d’argento del 1924 che si può ascoltare in questa incisione arriva da un robivecchi nel Maryland, sul quale mise le grinfia, per meno di ottanta dollari, un giovane Scott Robinson, a metà degli anni 70, e dal quale il nostro non si è più distaccato sviluppando con lo strumento una rapporto in cui entrano in egual misura memoria, feticismo e gratitudine per un attrezzo del mestiere che pur con molle allentate e chiavi indurite riesce a restituire una voce unica, un canto che il musicista sente proprio, ed è tutto dire per uno specialista dell’intera famiglia delle ance, che nella ormai lunga carriera ha suonato davvero di tutto.

I primi tre minuti del disco servono per fare la conoscenza di questa “vecchia gloria” incerottata ed in una solitaria esposizione della beatlesiana “And I Love Her” Robinson si getta ben oltre i giri armonici del brano, cavando dal Conn sonorità piene e sorprendenti sul registro acuto, per una versione che pare fintamente vintage, comunque ricca di pathos e di gustose deviazioni dal tema. Il quartetto, suono compatto e coeso, spiega le sue vele con “Tenor Eleven”, un elusivo blues in undici battute, si scioglie in una languida versione di “Put On A Happy Face” e svela fragranze latine in “The Weaver” in cui il sax viene doppiato dal flauto della moglie Sharon.

La noia non è di casa in questo disco: si passa dall’easy listening organ oriented di “The Nearness of You” alla complessa “Tenormore” in cui il leader consolida la sua fama di compositore con un brano avanzato che coinvolge il quartetto in una serie di combinazioni rotanti ritmicamente complesse.

Per quel che vale rileviamo che Scott Robinson -come molti, molti altri- non è molto conosciuto dalle nostre parti (giusto per usare un eufemismo), chissà che questo disco, in cui convergono naturalmente tutte le sue nobilissime influenze sassofonistiche messe a fuoco in una sintesi che passa inevitabilmente da una pratica continua e da una cura maniacale ai dettagli, non possa dargli una maggiore visibilità, noi lo consigliamo senza riserve, in particolar modo agli amanti di un mainstream jazz evoluto e comunque in grado di sorprendere.  Se avrete la bontà di accedere al video sottostante potrete ascoltare l’interessante genesi del lavoro ed avere info maggiori e ben più precisi dettagli, direttamente dalla voce di Scott e dei suoi sodali, artefici di questo convincente “Tenormore”.

 

 

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