Miguel Zenon è un sax alto che ha da poco doppiato il capo della quarntina, destreggiandosi abilmente tra le sue radici latine (è nativo di Portorico) ed una solida formazione jazzistica. Negli ultimi anni è fugacemente apparso in Italia, purtroppo una sola volta con l’ottimo San Francisco Jazz Collective, di cui è socio fondatore.
Per coltivare con continuità e raccoglimento le sue ascendenze latine, ha da tempo creato il quartetto con Luis Perdomo al piano, Henri Cole alla batteria ed Hans Glauwischnig al basso. Ed è con questa formazione che è stato registrato l’ultimo suo disco, ‘Sonero’, dedicato ad uno dei grandi della musica portoricana, Ismael Rivera.
Un disco di raffinata vitalità
Ho avuto la fortuna di ascoltare questa musica anche dal vivo, complice il solito Jazz Club Ferrara, che anche quest’anno getta uno sguardo molto penetrante su quello che si muove nella scena jazz più viva. La band andata in scena al Torrione presentava però una sostituzione, al basso c’era Matt Penman invece di Glauwischnig. A me è sembrato un aggiustamento molto felice, sarà per via della lunga milizia comune di Penman e Zenon nel San Francisco Jazz Collective: il nuovo bassista, proprio quella sera al suo debutto nel quartetto, mi è sembrato più irruento ed assertivo, giovando molto alla generale fisionomia della ritmica, come si vedrà in seguito.
Parlare di musica latina significa evocare quasi automaticamente colori accesi, irrefrenabile vitalismo, è quasi un luogo comune. Ma Zenon non è uomo da luoghi comuni: è un musicista raffinato che padroneggia con scioltezza una vasta e diversificata cultura musicale, come dimostra la sua lunga milizia nel San Francisco Jazz Collective, dedito ad un’originale e quasi sistematica rivisitazione del corpus del jazz moderno e dintorni (Joe Henderson, Miles Davis, e da ultimo Antonio Carlos Jobim), quasi un controcanto californiano al newyorkese Lincoln Center di Marsalis.
In tempi che poco concedono ad uno strumento come il sax alto, in passato maneggiato da tanti innovatori, Zenon ha sviluppato una voce strumentale molto personale e di grande bellezza, un suono chiaro e e setoso, quasi completamente esente da vibrato e da anche minime asprezze. Questa fascinosa voce strumentale non presenta la minima incertezza e cedimento nemmeno nei frequenti passaggi vertiginosi di un fraseggio di grande fluidità, punteggiato da audaci intervalli ed improvvisi cambiamenti di tempo: nelle vene di Zenon scorre autentico sangue bebop. L’approccio al repertorio di Rivera è senz’altro lirico, ma filtrato da ogni sentimentalismo nostalgico, dissipato da sviluppi dei temi dilatati da calcolate ed insistite iterazioni degli spunti melodici più incisivi: forse per questo molti s’insinuano in profondità nella memoria dell’ascoltatore.
Un pianista di grande classe e modernità……
Ma il vero catalizzatore di questa sottile e complessa alchimia, il vero baricentro del gruppo, è Luis Perdomo: un pianista venezuelano che ha anch’esso un rapporto mediato e filtrato con le proprie origini latine, cui ha sovrapposto più strati di cultura musicale: nel suo pianismo asciutto e nitido risuona tutta la tradizione della tastiera jazz moderna, con frequenti bagliori dell’arioso dinamismo di McCoy Tyner.
Ho definito Perdomo un ‘baricentro’ pensando soprattutto al carattere tempestoso e travolgente della ritmica formata da Penman e soprattutto da un’inarrestabile ed incalzante Cole, una batteria densa di ritmi frammentati e sempre mutevoli, che preme incessantemente sulla frontline del gruppo, arginata solo dai secchi e dinamici accordi dell’accompagnamento di Perdomo. Un mix contrastato di grande fascino ed eleganza, una felice e modernissima rilettura di materiali che ben si sarebbero prestati a versioni più cautamente banali, tipiche di quell’etnico cheap ed omologato che dilaga un po’ dappertutto.
La calda partecipazione dello smaliziato pubblico del Torrione (uno degli assi nella manica del club) mi ha fatto pensare che questa musica, ad onta della sua raffinatezza, ben potrebbe esser uno di quegli ‘ascolti d’invito’ per neofiti del jazz di cui spesso abbiamo parlato in questi giorni: e ciò grazie all’elegante evocazione di un mondo musicale di calda comunicativa che in qualche modo è filtrato anche in orecchie distratte, sia pur in quelle forme banalizzate di cui si è detto. Una buona arma in mano ai pigmalioni jazzistici. Milton56
La sofisticata irruenza di ‘Sonero’, con un Cole quasi meditativo….
Miguel Zenon 4tet
Miguel Zenon, alto sax
Luis Perdomo, piano
Matt Penman, basso
Henri Cole, batteria