Ci sono molti modi per fare la conoscenza di Barney Wilen, jazzman francese nato nel 1937 e scomparso prematuramente nel 1996. Il più ovvio e conosciuto è partire dal cinema, forma d’arte che per il sassofonista francese ha rappresentato il pendant ideale con la musica jazz, a partire da quando, ventenne fresco di esperienze boppistiche con i musicisti statunitensi di passaggio a Parigi, venne chiamato da Miles Davis a partecipare all’incisione della colonna sonora di Ascensore per il patibolo (Ascenseur pour l’échafaud) film noir diretto da Louis Malle che uscì l’anno seguente. Con Davis e Wilen, in una session notturna totalmente improvvisata, il batterista americano Kenny Clarke insieme ad altri due francesi, René Urtreger, e Pierre Michelot. Il connubio con il cinema si ripetè poi due anni dopo, nella seduta newyorkese del 27 luglio 1959, allestita per la colonna sonora del film di Roger Vadim Les liaisons dangereuses su musiche di Thelonius Monk, ripubblicata in integrale su disco tre anni fa dalla Sam Records, nella quale Wilen si alterna al sax a Charlie Rouse.
Ma poi arrivarono colonne sonore firmate in proprio per i film del regista Eduard Molinaro, e diversi dischi dedicati alla musica per immagini, come “Movie themes from France ” con Mal Waldron, in un percorso che accompagnerà il sassofonista nizzardo per tutta la carriera. La quale, si diceva, è una specie di prisma con tante facce contrapposte: dopo il periodo di popolarità conseguente al lavoro con Davis, Wilen divenne uno dei personaggi più attivi della scena free europea, confezionando verso la fine degli anni sessanta il celebre “Auto Jazz – Tragic Destiny Of Lorenzo Bandini“, disco passato alla storia per essere uno dei rari esempi di free jazz mixato con i rumori di un gran premio automobilistico, un vezzo che Barney replicherà in seguito, ad esempio ne “Le grand Cirque” inciso con Enrico Rava, Philip Catherine e Palle Danielsson durante l’Europa Festival di Mans nel 1991. Quindi, l’amore per l’Africa, dove Wilen soggiornò alcuni mesi, partito con l’intento di approfondire la cultura musicale del popolo dei pigmei e tornato con un risultato, il disco “Moshi” del 1972, che può essere considerato uno dei primi esempi di fusione fra jazz e musica africana, ispiratore di tante tendenze successive. Con musicisti francesi e africani (Christian Tritsh, Simon Boissezon, Micheline Pelzer Pierre Chaze Michel Graillier e Didier Léon) , Wilen costruì una strana creatura che alterna ipnotiche e psichedeliche improvvisazioni come la title track a brani dall’approccio più incline al pop come “Zombizar”, lasciando il segno per originalità ed eclettismo.
Nel corso della sua (breve) vita artistica, intervallati alunghi periodi di pausa, ci furono pure esperimenti elettronici (un live con i Diese 440 nel 1983), collaborazioni con i punk rockers Moko, in linea con un vecchio interesse con il rock sbocciato nei sixties con il disco dedicato allo scrittore e psicologo psichedelico Timothy Leary “Dear Prof Leary“, e tante altre avventure, vissute sempre con il passo leggero, quell’aria da studente fuori corso, ed una attitudine alla sospensione emotiva, evidente anche nel suo stile musicale rilassato ed assorto ma mai troppo viscerale, che ha portato alcuni osservatori a considerarlo uno dei successori più fedeli allo spirito di Lester Young.
Per ricordarlo, senza che ricorrano particolari anniversari, e magari pungolare chi possa essere intrigato da un tale elenco di suggestioni, ho scelto un disco, forse non proprio il migliore ( fra i candidati in tal senso andrebbe segnalato invece un recente doppio live a Tokio inciso nel ’91 con Gilles Naturel al contrabbasso, Olivier Hutman al piano e Peter Gritz alla batteria pubblicato da Elemental) , ma che racchiude l’ennesima commistione fra la musica di Wilen ed un’ altra arte: il fumetto. Nel 1987 a firma Loustal & Paringaux, disegni e testi, viene pubblicato “Barney La Note Blue”, un libro a fumetti dedicato al sassofonista francese. Il quale subito integrò l’operazione a modo suo, ovvero con una “colonna sonora” pubblicata da Ida Records, incisa con Alain Jean Marie, Philippe Petit, Sangoma Everett ed il “nostro” Riccardo del Fra al contrabbasso. Una piccola rassegna dei classici di Wilen, tornato verso la fine degli ’80 a inseguire quelle scie be bop da cui era partito prima di tutti quegli esperimenti. A cominciare dal suo cavallo di battaglia “Besame mucho”, per proseguire con una doppia “Round midnight” eseguita stando elegantemente ai bordi del celebre tema, ed altrettante versioni a briglia sciolta di “No problem” di Duke Jordan, la “Whisper not” di Benny Golson, “All blues” ed una “Harlem nocturne” che ricordo sigla di apertura degli show di Willy de Ville nelle sue fantasmagorie da lupo mannaro rock e zydeco .
“Barney ? Uno degli astri che la musica ci offre con parsimonia, uno o due per generazione, E’ una meteora, una stella filante, sasofonista geniale, jazzman ispirato, seduce tutti quelli che incontra , perchè possiede una forma di innata grazia che appartiene solo ai grandi. Ma la vita è crudele . Barney, lo stregone della nota blue, è anche un tipo instabile, insoddisfatto, che attraversa il mondo e gli avvenimenti come se la sua stessa esistenza non lo riguardasse. Il suo percorso, dall’Africa all’America, passando per Parigi si è consumato quotidianamente senza tregua tra droga e relazioni .”
Così i creatori di quel fumetto ricordano l’uomo Barney Wilen, ed ognuno che si sia incuriosito in questo racconto potrà trovare, se vuole, magari seguendo queste tracce, o i percorsi del ricchissimo sito dedicato all’artista, la sua via per entrare in sintonia con gli umori mutevoli e le infinite suggestioni di un protagonista del jazz che merita ancora oggi la nostra attenzione.
Mi interessano le contaminazioni con il punk l’elettronica e la psichedelia, mi puoi dare per favore qualche informazione in più? Grazie.
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Ciao e grazie per l’attenzione. Allora, per l’elettronica, Wilen e Dièse 440 duo di elettro alchimisti francesi pubblicarono un live a Paris nel 1983 di cui qui puoi trovare un assaggio : https://www.youtube.com/watch?v=V9HHnMqbl5w Strano connubio fra il sassofono di Wilen che suona come su un disco di jazz classico e sequencer e macchine , con risultati comunque interessanti, nella originalità dell’operazione. Per il punk si segnalano un paio di 7″ con il combo francese Moko. Infine l’esempio più eclatante di avvicinamento alla psichedelia è l’album di fine anni sessanta Dear Prof. Leary, dedicato al teorico dell’LSD in cui Wilen e la sua Amazing Free Rock Band (notare già la sintesi nella ragione sociale) mettono in scena una caotica e mirabolante fusione fra free jazz e rock condita da un bel pò di noise d’antan. Da notare alla batteria la presenza di Aldo Romano musicista italiano naturalizzato francese, all’epoca ai suoi primi passi. https://www.youtube.com/watch?v=WEHZNvv8L-A. Su youtube trovi comunque praticamente gli album interi.
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Un musicista straordinario. Un suono di commovente intensità e un flusso di idee meraviglioso. Peccato che sia poco ricordato persino dagli addetti ai lavori…
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