Chicago Underground Quartet: future jazz

Dal 2001 ad  oggi Rob Mazurek, oltre ad innumerevoli altri progetti, ha mantenuto viva la ragione sociale Chicago Underground in una pluralità di formazioni, dal duo al trio fino alla variante Chicago/London, con Alexander Hawkings e John Edwards. Mai si erano create le condizioni per un ritorno del quartetto autore del disco omonimo che in quell’anno fece intravvedere nuove prospettive nella creazione musicale contemporanea, tracciando un’ipotetica linea ad unire Bill Dixon ai Tortoise. Solo nel 2020, grazie all’opera del chitarrista e produttore Chris Schlarb,  i tre membri originari Rob Mazurek, Jeff Parker e  Chad Taylor con il bassista Josh Johnson al posto del membro originario Noel Kupersmith, sono tornati a riunirsi per registrare, senza un particolare lavoro preparatorio, e tutto in un solo giorno, questo “Good days”, a tutti gli effetti quello che gli inglesi chiamerebbero sophomore album. “Future jazz” riporta un tag sulla pagina Bandcamp del nuovo cd e mi è sembrata una delle definizioni più azzeccate per una musica che suona di echi del passato, dall’Africa al free, per spingersi con coraggio ed audacia verso una dimensione inedita, inglobando tanti stimoli e suggestioni contemporanee, viaggiando dal post rock all’elettronica. Il jazz del futuro, appunto. Il primo brano manifesta nel modo più esplicito la connessione con la storia del jazz, trattandosi di “Orgasm” titolo del brano e del disco del 1968 di Alan Shorter, trombettista free e fratello maggiore di Wayne, scomparso nel 1988. E’ un inizio un pò in salita con uno spigoloso tema  affidato al tono aspro della cornetta di Mazurek  che scivola presto in una nuvola free, per poi trasformarsi in un longo soliloquio noise della chitarra. Con “Strange wing” si prende il volo e si atterra in un territorio totalmente diverso: il bordone  del basso,  poi sottolineato dalle tastiere, disegna le coordinate per gli interventi di Mazurek e Parker, a comporre un clima psichedelico ed onirico, quasi fossimo in uno dei primi due dischi dei Pink Floyd. Uno dei brani più affascinanti e misteriosi del lavoro. “Good days” rappresenta il lato più intimista del gruppo, una ballad costruita sulla chitarra e la cornetta che canta un lirico tema con richiami a “My funny Valentine”, mentre “Batida”, l’unico brano nuovo composto per l’occasione del nuovo disco, è animato da una carica funky e da un contagioso groove. Un’ Africa contemporanea, urbana e movimentata viene evocata all’ascolto di “Unique spiral”, dalla serrata componente ritmica, con  chitarra e cornetta che si scambiano le parti . Infine “Westview”,  dove convivono dub, funky e free  in una sintesi mirabile per forza espressiva e coesione, con lo strumento di Mazurek che si inerpica su per immaginarie montagne di suono solcate dall’elettronica  e la chitarra di Parker a scolpire un assolo asciutto ed essenziale.  Ci sono poi due brani in solo , il primo “All the bells” è per la cornetta di Mazurek, strumento che caratterizza tutto il lavoro con il suo suono in bilico fra liricità e ruvidezza, accompagnata da un background di clangori metallici e percussivi, mentre “Lomè” è un loop ritmico tutto costruito dai tamburi africani di Chad Taylor. “Non sembrava  fosse passato tanto tempo dall’ultimo disco, l’unica cosa diversa è forse che il concetto del fare musica di ciascuno di noi è più forte dopo venti anni, ma ancora simile, almeno in questa avventura – dice Mazurek. Ho sperimentato tante cose davvero folli , ma amo sempre suonare melodie e canzoni,cosi come fare le cose più riumorose e non strutturate“.  Bella sintesi di un lavoro a lungo atteso che forse, dato il tempo trascorso, ci si poteva aspettare un pò meno conciso.

https://astralcuq.bandcamp.com/album/good-days

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