Il doppio Lp con la colonna sonora di Jesus Christ Superstar è stato uno dei primi a far nascere, nell’adolescente che ero nel 1973, la fascinazione per l’oggetto contenente musica, rimasta intatta fino ad oggi. Insieme forse a “Brain salad surgery” di Emerson Lake and Palmer. Mentre quest’ultimo era un album mio, il primo lo avevo avuto in prestito da un amico con sorella maggiore, ed ascoltato fino alla nausea, accarezzando l’idea che di quel prestito la sorella dell’amico potesse dimenticarsi. Non andò così, invece, e il possesso di quell’album rimase per me una chimera. Ognuno della mia generazione ha la propria storia con Jesus Christ Superstar, una delle più famose rock opera, nata nel 1970 per idea di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice sotto forma di album con Ian Gillan dei Deep Purple nel ruolo principale, diventato poi un musical rappresentato in innumerevoli repliche nel corso degli ultimi 40 anni e, nel 1973 un film di Norman Jewison, con Ted Neeley, Carl Anderson e Yvonne Elliman, che all’epoca si guadagnò lo status di oggetto di culto. Non c’erano dvd né vhs, a quei tempi, e l’unico modo per rivedere il film era tornare al cinema, così si contavano fans con decine di visioni . Ognuno ha la propria storia con JCS, ed anche Stefano Bollani ha la sua.
Saprete già tutto, dalle numerose interviste rilasciate in occasione dell’uscita dell’album, sulla genesi di queste nuove variazioni del pianista, innamorato dell’opera fin da adolescente – evidentemente una scoperta tardiva, visto che Bollani è nato un anno prima dell’uscita del film – ed animato dal desiderio di recuperare un rapporto intimo con le musiche che accompagnavano quelle immagini così forti e sconvolgenti agli occhi di uno spettatore ragazzino. Saprete anche del benestare ottenuto da Lloyd Webber all’utilizzo delle composizioni originali e dell’apprezzamento manifestato per i trattamenti bollaniani. A questo punto ascoltiamo il disco.
Dopo il breve preludio, le prime note di “Heaven on their mind” riaccendono i primi ricordi, e sarà così per tutte le tracce successive, perché Bollani ha ripercorso tutta la storia e la sua musica con un assoluto rispetto per le parti tematiche e le famose melodie, da “Everything’s alright” a “I don’t know how to love him” fino al motivo centrale accennato su “This Jesus must die” e poi ripreso nel brano più originale, una “Superstar” unico pezzo con parti vocali, un parlato sussurrato del pianista ed un piccolo coro familiare femminile. Naturalmente non mancano le invenzioni, le variazioni appunto, che rivestono le canzoni di abiti inediti, dal sincopato funk di “What’s the buzz” al quasi gospel di “Strange thing Mystifing” , dagli accenti classici che risuonano nelle famose ballate, in “Pilate’s dream” ed in “Gethsemane” al ragtime di “King Herod’s song”. Ci sono poi degli autentici pezzi di virtuosismo pianistico, nei temi e negli stili continuamente cangianti di “This jesus must die”, in una “Hosanna” che inizia simulando un tango e poi si sviluppa su un fitto dialogo fra parte tematica e struttura armonica, nella deragliante sequenza sul tema gospel di “Simon Zealotes”. Una riga in più bisogna poi dedicare a “The last supper” perché in questo caso la grazia e la delicatezza profusa da Bollani riescono a trasformare la melodia originale in una perla dai mille riflessi. Il disco è, insomma, molto divertente, soprattutto per chi può tornare ad ascoltare quelle canzoni un tempo corali ed elettriche in una veste nuova, intima, ma al tempo stesso arricchita dall’inventiva di Bollani. Magari potrà anche incuriosire qualche trentenne che del film ha solo sentito parlare dai genitori, E, chissà, far partire un nuovo, piccolo, culto.