FLUDD – The soundshots recap (autoprodotto)
Attiva dai primi anni 80’, la ragione sociale FLUDD identifica un’ originale esperienza artistica percorsa nei solchi di una multimedialità ante litteram, in grado di utilizzare recitazione, musica, poesia ed immagine per indagare attraverso la performance il panorama emozionale dell’essere umano. Inzialmente legato in modo più stretto alla forma teatro, il linguaggio di FLUDD si è orientato, nel corso degli ultimi anni e delle più recenti produzioni, ad una forma di multimedialità che unisce le poesie e le scelte visuali di Gianriccardo Scheri alla costruzione di accuratissimi ambienti in miniatura curati da Angela Mambelli con le sonorizzazioni di Marco Cacciamani. Dal nucleo originale, la cui storia è bene raccontata qui, come per una gemmazione artistica, sono nate molte altre esperienze ed ensembles paralleli, fino alla nascita di Duplex Ride, associazione /comunità che oggi riunisce un variegato gruppo di musicisti, fotografi, artisti visuali e narratori, con cartelloni di spettacoli prodotti in proprio e di ospiti allestiti presso i più disponibili luoghi d’arte della città di Genova. “The soundshots recap” terzo cd a nascere con la sigla FLUUD, è una raccolta di soundtracks elettroniche realizzate per alcuni spettacoli del gruppo, assemblata per una fruizione anche indipendente dal contesto performativo. L’opera, realizzata quasi per intero dal solo Cacciamani con l’ausilio in due brani di Riccardo Canessa, membro, con l’autore e Claudio Ferrari, del trio di improvvisazione elettrotecnica NOS, si compone di quindici brani caratterizzati da atmosfere eterogenee anche se legate da un’attitudine alla quieta ed analitica profondità emotiva che si può dire tratto caratteristico di tutta l’opera FLUUD. Dentro alla copertina anatomica realizzata da Giancarlo Contu e Attilio Zinnari troviamo un piccolo campionario sonoro dell’universo Fludd, in cui si attraversano i suoni sci fi di “Land runs off” e “Handback“, le scansioni dub, presenti nelle congelate atmosfere di “Plan one“, ed in quelle soffocanti di “Reversal of fortune“, i paesaggi ambient cristallini di “Waving out“, quelli industriali del “Dazzle medley” e le zone buie di “Not an exit“. Quindi arrivano le quiete onde ritmiche di “Pass around” e le sincopi di “Staggered song“, fino al loop epico di “Negligence“, quasi un omaggio ai Kraftwerk. “Room service 1/4“, riesce a fare convivere magicamente un hammond che pare uscito da un vecchio disco di Bob Dylan, un bordone di synth dai toni inquietanti e le onde sonore generate da un theremin di passaggio. E, quasi alla fine, “Blizzard” : chiamatela folktronica, ambient o come volete, a me quelle spirali elettroniche su cui si adagiano ampie e ricorrenti successioni armoniche, fanno venire la pelle d’oca ad ogni ascolto. Il tutto confezionato con cura artigianale ed una padronanza delle “macchine” orientata a creare ambienti per le emozioni più che a stupire con l’effetto sonoro.
E il jazz? Per una volta è assente come linguaggio, anche se pezzi del suo spirito si ritrovano incastrati fra le corde del basso e soprattutto nel cuore di Canessa, oltrechè nell’approccio generale all’improvvisazione ed alla libertà creativa che è di casa da queste parti. A me piace chiamarli jazzisti senza jazz.
Un momento di una performace FLUDD
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