CORREGGIO JAZZ – SI RICOMINCIA (ALLA GRANDE) – 1^ PARTE

Nella galassia del festival Crossroads Correggio Jazz rappresenta un piccolo sistema solare a sé stante, con un’identità ben definita e con proposte molto caratterizzate. Tra l’altro può contare sulla grande risorsa costituita dal bel Teatro Asioli, 300 posti ora dimezzati dal distanziamento interpersonale: ma in questa ripresa post quarantena sono andati via tutti, e perdipiù aggiudicati ad un pubblico non occasionale e piuttosto consapevole.

Non appena vista l’infilata di concerti che si addensavano intorno al weekend scorso, nessuna esitazione: si voltano le spalle al plumbeo silenzio milanese e si vola a Correggio, profonda Emilia, quella del ‘RadioFreccia’ di Ligabue e dell’impagabile Pier Vittorio Tondelli, che ci ha regalato un’intera generazione di nuovi narratori.

1980: in un’Italia molto più aperta e curiosa dell’attuale, i ‘libertini’ di Tondelli piombano come un tornado: non si parla d’altro. Invece del più banale Premio Strega il libro si aggiudica un ben più ambito sequestro penale, che lo manda a far compagnia ad ‘Ultimo tango a Parigi’ di Bertolucci

La prima serata di sabato 22 maggio è stata una sorta di ouverture, che preluderà a due ulteriori serate ad alto voltaggio, come vedremo la prossima volta.

Guano Padano in azione su repertorio simile a quello del concerto: però stavolta niente ballerine, ahimè….

Quella di Guano Padano è una proposta briosa e vivace, che poggia sulla chitarra elettrica di Alessandro ‘Asso’ Stefana, sul  basso elettrico di Danilo Gallo e sulla batteria di Zeno de Rossi: quest’ultima una ‘ritmica’ d’eccezione che renderà ulteriori servizi al festival. Originale ed intrigante la scelta di imperniare il concerto sulla proiezione di una serie di clips cinematografiche di grande suggestione, dagli ‘spaghetti western’ più mefistofelici alla delirante iperviolenza di ‘Pulp Fiction’, dall’elegiaca ouverture di ‘C’era una volta in America’ di Leone alla surreale satira di ‘Gola Profonda’ (sobbalzi in platea). La musica teneva luogo del dialogo, ma le immagini tratte da momenti clou dei film tendevano ad incombere un po’ troppo sull’ascoltatore, sottraendo spazio ad una musica che non voleva ridursi al ruolo ancillare della soundtrack, ma riflettere la quintessenza narrativa dei fotogrammi. Ovviamente anche se protesa al protagonismo rimane musica di scena, quindi di essenziale efficacia e con colori saturi, inutile e sbagliato cercarci sottigliezze e sottotesti: comunque altamente ‘godibile’, come si diceva negli scriteriati anni ’80.

Una clip dall’album ‘No Land’s’, con formazione in parte diversa da quella in scena all’Asioli

E’ seguito il quintetto ‘No Land’s’ di Matteo Bortone. Già sulla carta la formazione intrigava per la presenza di personalità interessanti e stimolanti della scena giovane:  oltre all’annunziato Francesco Diodati alla chitarra elettrica, a sorpresa è comparso un’inatteso Enrico Zanisi al fender rhodes, occasione ghiotta. Purtroppo questo potenziale di interplay tra singoli componenti già in possesso di loro marcata originalità creativa è passato un po’ in secondo piano per la scelta del leader di puntare soprattutto su una complessiva immagine di gruppo, amalgamata da un’elettronica pervasiva e mirante a creare vasti fondali sonori tali da generare una sorta di ‘musica d’atmosfera’. Quando ci si muove in questa dimensione sul palco, è pressoché fatale imboccare la strada di laboriose e dilatate introduzioni necessarie a ‘mandare a regime’ l’efficacia delle elettroniche, che ahimè dal vivo hanno una carburazione molto più lenta e talvolta incerta rispetto a quanto avviene in studio, dove soccorre la possibilità di rodarle attraverso una serie di takes alternative, destinate a scomparire davanti alla ‘bella’, il master finale. Infatti è risultato alquanto offuscato un dinamico e frenetico solo di Diodati, afflitto anche da un suono non ottimale che ha ancor più messo in ombra anche il ‘Zanisi elettrico’ che incuriosiva molto; lo stesso si può dire del pregevole sax di Julien Pontvianne. Del resto lo stesso leader Bortone è stato quanto mai parco di sortite solistiche al basso elettrico, anche perché molto preso dal faticoso governo delle elettroniche. Poiché al pari della Storia e della Natura, anche la Musica ha orrore del vuoto, è risultata inevitabile una marcata enfatizzazione del drumming energico ed assertivo di Ariel Tessier, che di fatto ha finito per diventare il massiccio architrave strutturale che incombeva su di una certa leggerezza di corpo che caratterizzava il resto del gruppo. Auspicabile che questa interessante formazione possa irrobustirsi grazie ad una serie di ulteriori prove dal vivo, che gli conferiscano maggior articolazione ed equilibrio: talento e mestiere non mancano del resto a Bortone, che ha già accumulato un notevole carnet di esperienze diversificate dopo il brillante exploit di ‘Travellers’, che gli è valso il Top Jazz 2015.

Nel darci appuntamento per la cronaca delle due serate veramente speciali del 23 e 25 maggio, è doveroso un omaggio alla piccola, ma battagliera Correggio. Ecco il laico, ma convinto ‘credo’ di Stefano Accorsi al microfono di un’avventurosa radio libera che movimentò le notti delle cittadina. Un racconto partecipato e leale di anni che non sono stati solo quello che vi raccontano adesso: anzi, sono stati molto di più e di diverso, soprattutto il momento in cui in tanti hanno preso la parola per la prima volta (e non per parlarsi addosso…..). Grazie Ligabue… Milton56

 

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