Jazz a Sanremo? E’ tanto tempo che non ci torna e forse è arrivato il momento di riprovarci. Lo fa notare il Presidente dell’Associazione I-Jazz Corrado Beldì che sta raccontando i frutti che ha portato il convegno “Jazz, territorio e bellezza” dello scorso 5 novembre.
“Amadeus, è arrivato il momento. Riporta il jazz a Sanremo! Dopo anni d’oro con nomi come Louis Armstrong nel 1968 e periodi buoni più recenti con Sergio Cammariere e Stefano Di Battista, s’è un po’ persa la tradizione di portare questa commistione all’Ariston. E’ un peccato perché è una vetrina che fa bene a tutti. Anche al pubblico, che può scoprire nuovi strumenti e nuove soluzioni melodiche rispetto al pop, che comunque non condanno assolutamente.”
CELEBRAZIONI
L’Operatore Culturale prende una terza manciata di noccioline dalla coppetta.
«Il jazz va ancora forte, per fortuna», dice. «Per la prossima estate a Bumba Jazz hanno già chiuso le prevendite dei Maneskin.»
Lo guardo senza reagire. È un po’ che gira attorno a questa storia della ripresa d’interesse verso il jazz.
«Andranno anche a Cacciara», continua. «Lì fanno una sfida con i Cugini di Campagna; poi c’è una maratona di cover band per cinque sere.»
«Cacciara Jazz? Una volta ci si andava per sentire Mingus…» gemo.
«Su Mingus c’è un bel progetto al Festival di La Perchia, con le sovvenzioni dell’Ente. Per l’anniversario della morte.»
«Ci sono i Maneskin anche lì?» domando, mentre osservo le persone sedute ai tavolini, silenziose, con gli occhi sugli smartphone.
«No, c’è la Big Band di Elbowman che rivisita il repertorio di Scarlatti in chiave mingusiana.»
«Interessante. Con che organico?» chiedo preparandomi al peggio.
«Ci sono tre cromorni, una ghironda, un paio di shehnai, tre viole da gamba, due rapper, un clavicembalo e otto percussionisti.»
Tracanno metà del mio gin tonic in apnea. «Un campionario di diapason. Ottoni niente?»
«Certo: c’è Elbowman alla tromba.»
«Giusto. Tendo a dimenticarlo sempre, Elbowman, anche mentre lo nomino.»
L’Operatore Culturale legge un messaggio sul cellulare mentre io sento i primi effetti del gin tonic. E pensare che volevo parlargli della mia intenzione di riformare l’orchestra e tornare sui palchi. Vabbè, la prossima volta, da lucido.
«E voi invece cosa avete in cantiere?» mi scappa di chiedere.
«Una rassegna estiva. A Giugno un progetto di Bingo Colussi su “Coltrane e Garibaldi”, per l’anniversario di Coltrane; poi la big band di 15 chitarre con un programma sul solfeggio parlato nelle scuole, e chiudiamo con Assennati e il suo progetto sinfonico sulla musica nei film di Frank Capra, nel centenario. Forse ci sarà anche un quartetto di sassofoni, che suonano gli assoli di Evan Parker trascritti e armonizzati.»
«Impegnativo» rantolo. Mi giro al barista: «Me ne fai un altro, per favore?»
«Ma quindi ormai presentate solo programmi a tema? O omaggi ad autori già morti?» domando, evitando di entrare nel merito dei contenuti. L’Operatore Culturale mi guarda disorientato, annuisce debolmente.
«Musiche originali o nuove, nessuno?» incalzo. Lui prende una pausa, poi bisbiglia:
«Guarda, è per aggirare un pericolo», esordisce, «l’ultima volta che abbiamo invitato qualcuno con una proposta di musica originale fu quando presentammo Cresci al piano solo. Fu un pienone, però ci fu una rissa tra frange opposte del pubblico, molti feriti. Da allora nessuno vuole rischiare. E, visto il successo del progetto sulle canzoni di E.A. Mario, con una band di grandi nomi, un po’ tutti percorriamo quella strada.»
Lo fisso e nasce in me la voglia di esternare i miei pensieri più nascosti. Ma non lo farò, giacché in fondo son qui solo per tirare acqua al mio mulino; e diffondere l’idea che io sia divenuto un vecchio intollerante e sanguinario sarebbe controproducente.
«Sai», rimugino, «lo scorso Luglio erano 40 anni esatti dall’ultimo concerto del Grande Elenco.»
«Sì?»
«Sì. E l’anno prossimo compio 50 anni di lavoro nella musica.»
«Complimenti!»
«Credi che sarebbe una cattiva idea rimettere in piedi la mia orchestra? Così, per festeggiare. Magari con qualcuno ancora vivo.»
«E che programma suoneresti?» chiede l’Operatore Culturale, diffidente.
«Quello originale. Mai pubblicato, peraltro. E magari alcuni pezzi nuovi, che ho avuto 40 anni di tempo per scrivere.»
«Vuoi dire che conservi ancora le partiture originali?»
«Certo. Un giorno magari avranno anche un valore, sai: tutti dobbiamo stirare gli zoccoli, pure io.»
Fonte: pagina Facebook di Tommaso Vittorini del 19.11.21

A caldo l’uscita di Corrado Beldi’ mi ha lasciato incredulo e basito. Daltronde mi riconosco nel vecchio intollerante e sanguinario di cui parla Vittorini, nel senso che non ho più tempo per cazzate e dintorni, pertanto, fatto salvo il rispetto per il lavoro di organizzatore e la persona Beldi’, che peraltro non conosco direttamente, a mio parere mi pare una idea ben poco sensata.
Oltretutto pietire carità da un personaggio come Amadeus sfonda il limite del ridicolo e dell’improbabile. Il Festival di Sanremo è da molti anni quanto di peggio la musica italiana possa offrire, una specie di cloaca massima in cui c’è di tutto meno che della musica valida, nonostante ciò ricordo la presenza di molti jazzisti nostrani in supporto a cantanti, se si può dire cosi’, tanto che la battuta che circolava tra i jazzfans era che a Sanremo c’erano più jazzisti che a Perugia.
Opportuno poi ricordare come il carrozzone mediatico e clientelare venga tenuto in vita artificialmente da molti anni ormai, da quando cioè il festival ha perso di significato, solo ed esclusivamente per motivi economici e di immagine. La musica a Sanremo è l’ingrediente meno importante, tant’è che risulta piuttosto problematico ricordare i motivi vincitori delle ultime edizioni. In ogni caso la qualità media è sconsolante, tanto che parlar male del festival è un po’ lo sport nazionale nel mese di febbraio.
Faccio poi rispettosamente notare che, ammesso che la proposta di Beldi’ trovi risposta nella RAI, sapremmo già con certezza quali jazzisti sarebbero invitati al festival (per intenderci, coloro che appaiono in cielo, in terra e in ogni luogo). Non mi pare una prospettiva allettante e tanto meno sensata. A meno che non si rivendichi uno spazio per jazzisti nostrani anche a X Factor o allo Zecchino d’Oro (anche se qui qualcuno già ci è arrivato…).
Dare maggiore visibilità ai musicisti italiani è idea giusta, ma se lo strumento individuato è il festival della canzonetta allora stiamo freschi. La mia è una opinione del tutto personale, non necessariamente riflette quella degli altri amici di Tracce di Jazz, e, lo riconosco, in contrasto con molti amici stretti. Ma veramente qualcuno può credere seriamente che una comparsata dei soliti noti potrebbe in qualche maniera risollevare le sorti del panorama jazzistico nazionale?
Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò.
Modesto suggerimento per gli addetti ai lavori: più che portare il jazz a Sanremo sarebbe il caso di riportare jazz nei festival jazz…..
Pienamente d’accordo
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Lascia perdere Robbe’. L’ultimo sifaperdire jazz visto a Sanremo e’ stato ‘Mi va di canta’ eseguito senza vergogna da un’occhieggiante Luois Armstrong per un pubblico di facile palato. Cosa non si fa per i soldi. https://www.youtube.com/watch?v=CijFd3Zh6ps
Era il sessantotto, ma li siamo rimasti. L’unica differenza e’ che mentre Armstrong resta un gigante nonostante tutto, oggi si cerca di contrabbandare scalzacani che nulla sanno di jazz in cosiddetti Jazz Festivals. Colpa dei promotori che non vogliono rischiare e stanno stretti di portafoglio, oltre che essere culturalmente impreparati in molti casi.
Mancano promotori coraggiosi e ‘forward thinking’ disposti anche a perdere migliaia di euro per organizzare qualcosa di davvero serio, destinato ad un pubblico evoluto, ammesso che esista davvero.
Quindi mancherebbe trenta per fare trentuno.
Il Jazz moderno e’ questo, un esempio tra migliaia:https://www.youtube.com/watch?v=A58DvuUvuNU
Tutto il resto sono intollerabili minchiate. Con stima.
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