La Soprano di Rodolfo Cervetto è una presenza pressochè fissa negli appuntamenti con il jazz a Genova, inclusi quelli allo storico Louisiana Jazz Club che il battersita presiede. Dino Cerruti è motore di diverse iniziative didattiche e concertistiche del ponente ligure. Tommaso Perazzo, originario di Varese e cosmopolita per vocazione, con studi svolti ad Amsterdam e New York, ha compiuto i suoi primi passi nel mondo del pianoforte a Genova. Se si aggiunge che la session è stata registrata “live” nel maggio 2021 presso l’Atelier Canavese Pianoforti di Toirano, in provincia di Savona, abbiamo inquadrato per intero il carattere geografico e la provenienza di “Empty-ty” che viene pubblicato dall’etichetta veneta Caligola.
In scaletta un curioso mix di standards entrati nel grande libro mainstream, un paio di omaggi al free ed alcuni originali nei quali il trio, libero dal vincolo dei precedenti, sembra dare il meglio attraverso una vena agrodolce che costituisce parte della sua cifra stilistica.
Una breve introduzione del piano ed eccoci nei primi decenni del 1900 con la “Sweet Lorraine” di Cliff Burwell resa celebre, con cadenza decennale, rispettivamente da Teddy Wilson, Frank Sinatra ed infine Nat King Cole, una piccola vetrina per il filone del trio più legato alla tradizione ed al rigore stilistico, che trova altri capisaldi nelle versioni di “Like someone in love” di Jimmy Van Heusen, swingante e dinamica con le spazzole di Cervetto in grande spolvero, ed in una romanticissima “Blame it on my youth” di Oscar Levant, ancora Sinatra e Cole fra i moltissimi interpreti.
“A latin farewell” è una bella composizione del pianista Riccardo Zegna, altra gloria ligure/piemontese del pianoforte, attraversata da un filo di malinconia che la veste ritmica dimessa accentua, affidandone lo sviluppo narrativo al pianoforte ed al basso.
Lo sguardo verso forme più libere abbraccia due omaggi a quelli che ormai possono essere considerati veri standards: “When will the blues leave? ” di Ornette Coleman, costruita sui contrasti e con ampi spazi solisti per la batteria ed “Art deco” a firma Don Cherry, un esercizio di blues minimalista che evolve, giro dopo giro, in una dimensione di “pieno” per chiudersi in un finale dimesso.
A completare il programma due composizioni che portano la firma di Perazzo, “Ricordi” e la finale “Far rockaway“, testimonianze di una vena introspettiva del giovane pianista, nella quale convivono, declinate in un linguaggio contemporaneo e ricco di suggestioni esterne al jazz, immediatezza e complessità. Ed altre due provenienti dalla penna immaginifica e sognante del contrabbassista Dino Cerruti, la title track, un’ assorta ballad che si accende nella parte centrale, ed “Our Astor”, passionale tema sul quale vengono modellate intense parti soliste del pianoforte e del contrabbasso.
L’impressione conclusiva è che i tre musicisti, uniti da diverse comuni avventure musicali, abbiano qui trovato la formula giusta, e si direbbe naturale, per dialogare, attraversando stili ed epoche del jazz con rispetto e senso dell’avventura , per traguardare la costruzione di un proprio originale “mondo” musicale.
E davvero non sono significative le “lievissime imperfezioni esecutive” che un comunicato stampa sincero al limite dell’autolesionismo preannuncia, salvo poi considerarle tipiche anche di alcuni dischi live diventati pietre miliari del jazz.
Piaciuto molto il primo pezzo.
Grazie.
"Mi piace""Mi piace"