JOSHUA REDMAN feat. GABRIELLE CAVASSA
where are we (Blue Note) Supporti disponibili: CD / 2LP
E’ un disco inaspettato quello con cui Joshua Redman approda in casa Blue Note, “where are we” (in minuscolo) vede per la prima volta il 54enne sassofonista di Berkeley dividere la scena con una cantante, la splendida Gabrielle Cavassa, nata in California, residente a New Orleans, ma di chiara discendenza italiana, ligure per la precisione. L’abbiamo ascoltata con Emmet Cohen e con il chitarrista Saul Rubin, apprezzandone la versatilità, il timing e il trasporto che con estrema naturalezza infonde nei testi. Tra le sue cantanti preferite Gabrielle, oltre a Sinatra e Billie Holiday, cita anche il monumento nazionale Ornella Vanoni, e queste influenze si possono scorgere qua e là nell’album, sebbene sia del tutto personale il mood in cui racchiude toccanti interpretazioni, per esempio nella ballad springsteeniana “Streets Of Philadelphia”, che Redman suggella con spirito rockeggiante, ed è questo il primo singolo, una rilettura di un brano celebre estratto da un concept album realizzato in piena pandemia e destinato ora ad un pubblico che vada oltre le colonne d’Ercole del jazz, in un viaggio che finisce per toccare temi dolenti e nervi scoperti della società contemporanea, con esplicito riferimento stars&stripes.
Sono infatti le città americane le vere protagoniste dell’opera, con Redman apre il viaggio citando niente meno che Woody Guthrie -come a dire: godetevi lo show, noi sappiamo dove siamo e da dove arriviamo- e firmando di pugno le potenti liriche di “After Minneapolis” scritta nel 2020 ,poco dopo il brutale omicidio di George Floyd da parte della polizia di Minneapolis che sconvolse la comunità nera:
“Ginocchio sul collo, vicino alla notte nuda, i colori che si uniscono / La paura forma l’odio nella lotta senza fede, amore che se ne va.”
La Blue Note crede molto in questo progetto e non ha di certo badato a spese per questo tardivo esordio di un fuoriclasse conclamato, il quartetto-con-cantante nuovo di fiamma apre così la porta a prestigiosi camei che tendono a variare, forse fin troppo, i paesaggi che scivolano dal finestrino: da Kurt Rosenwinckel (“Streets Of Philadelphia”) a Nicholas Payton (“Do You Know What It Means To Miss New Orleans?”), da Peter Bernstein (“Manhatthan”) a Joel Ross (“Chicago Blues”).

Il quartetto stabile di Redman vede la conferma del sempre più brillante pianista Aaron Parks, del quale consigliamo sempre gli album da leader, oltre al fidatissimo drummer Brian Blade ed il quotato bassista Joe Sanders, del quale si fa un gran parlare, formatosi alla scuola di Christian McBride e già con una nutrita sfilza di lavori e collaborazioni nel carniere. “where we are” è dunque disco geografico, da vaganti riflessioni in viaggio, ci lavora ai fianchi mentre si va via tra pensieri dolceamari, dondolati dal vagone che passa dalla rabbiosa “Alabama” di coltraniana memoria fino alla gloria blues di “By The Time I Get To Phoenix”, passando per Frisco (“My Heart in San Francisco”) e “Baltimore”. Questo gruppo ora sta rodando il repertorio con lady Gabrielle, manco a dirlo, on the road, in una lunga tourneè in cui sarà possibile dosare le alchimie, trovare il migliore interplay, e magari un “fuoco” che faccia ardere ancora di più musica e liriche, possibilmente senza distanze o mascherine varie. Il 2024 sarà un anno cruciale anche per le elezioni politiche americane e Joshua Redman & C. sembrano voler dire la loro in proposito, con una certa eloquenza. C’è tantissimo lavoro da fare, qui dove siamo, ma anche se i fatti del giorno ci portano a cupe previsioni ricordiamo che “This land was made for you and me”.

