Eddie Henderson: Witness to History (Smoke Sessions)

EDDIE HENDERSON Witness to History (Smoke Sessions) Supporti disponibili: CD / LP

Gli ultimi, ottimi, lavori per la Smoke Sessions hanno riacceso l’attenzione attorno alla figura di Eddie Henderson, solido ed elegante trombettista classe 1940 dalla lunga carriera e dalla vita molto interessante, tanto che è stata oggetto di una produzione televisiva che a breve apparirà negli States e dove si darà conto anche del suo lavoro come psichiatra, delle sue acrobazie come pattinatore professionista (!) e soprattutto della sua mitica gioventù immersa nel jazz grazie ai genitori, con Louis Armstrong che a nove anni gli diede una prima informale lezione di tromba e poi una lunga frequentazione con Miles Davis, amico di famiglia destinato a diventare il suo riferimento stilistico principale, ne abbiamo già parlato trattando un suo disco di tre anni fa, uscito in pieno lockdown.

Liquidare Eddie Henderson come uno dei tanti “davisiani” che hanno affollato la scena non sarebbe giusto ma la tentazione è comunque forte dopo l’ascolto del brano d’apertura, una “Scorpio Rising” in cui lo spirito del Dark Magus anni ‘70 si manifesta sui pistoni della tromba in modo quasi palpabile, con il fender rodhes di George Cables (classe 1944) a spargere funk nell’aria elettrica e rarefatta. Il contralto di Donald Harrison, sodale come gli altri della band anche nel gruppo all-stars dei “Cookers”, è il valore aggiunto del disco, dialoga in souplesse con il leader nei brani successivi in cui il panorama muta di qualche grado, anche se quando il sax si fa da parte per lasciare al quartetto l’esecuzione della ballad, a sordina innestata, “It Never Entered My Mind” ecco che si ripiomba in pieno mood davisiano, e il pensiero va alle varie volte in cui l’abbiamo sentita dai gruppi di Miles, per esempio in “Cookin with Miles Davis Quintet”, dove se ne trova una versione semplicemente micidiale.

Pretendere che il trombettista si affranchi dalle sue influenze o le aggiorni in modo sistematico all’età di 84 anni sarebbe ben curioso, Henderson è stato sia testimone che protagonista della storia del jazz, e tra gli episodi più riusciti di quest’ultimo disco spicca un omaggio storico al collega Lee Morgan, con la rilettura di una sua bossa nova degli anni ‘60 in perfetto Blue Note style: “Totem Pole”, che Morgan lanciò nel suo disco di maggior successo “The Sidewinder” con Joe Henderson e questa versione, con il controcanto di Donald Harrison al tenore, non si scosta molto dall’arrangiamento originale, e in quest’esecuzione del tutto rispettosa le due coppie in front-line sembrano specchiarsi a distanza di 70 anni riverberando un convincente assolo del leader e mettendo in mostra un bel lavoro da trait d’union di Cables al pianoforte e Gerald Cannon al basso. Con il languido blues “Born To Be Blue”, bazzicato da un meraviglioso esteta della tromba quale è stato Chet Baker, molto amato da Henderson, si chiude un album di brillante classicità.

Questa sarà anche musica “datata” ma resta assai vibrante, è suonata da veterani che hanno speso la loro vita nel jazz e va trattata in guanti bianchi, anche se l’esplosività o la precisione non possono ovviamente essere quella di quegli anni, e di quegli eroi, ce la ritroviamo viva, screziata dal tempo ma quasi commovente nel porgersi, niente di museale, musica preziosa anche, o soprattutto, mentre si procede ai 10 all’ora nel traffico mattutino della tangenziale ecc…

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