È sconvolgente quanto sia diventata nostalgica la musica pop: siamo tutti lì a rispolverare vecchi album, a crogiolarci in racconti sentimentali di un passato idealizzato. Pronti a scoppiare in lacrime se non riusciamo a procurarci i biglietti per il concerto di una band che si riunisce per suonare i pezzi del suo album migliore uscito trent’anni fa. Dio, ma quand’è che abbiamo cominciato tutti a vivere nel passato?
(Tracey Thorn)
C’era una volta il rock. Cominciò col bacino roteante di Elvis a infiammare i sovversivi ormoni dei ragazzi nati nel dopoguerra, esplose col luminoso verbo beatlesiano, prese forza e consapevolezza con le parole incendiarie di Bob Dylan, con le visioni dei Pink Floyd e di Frank Zappa, celebrò riti estremi con Jimi Hendrix, Rolling Stones, Doors, continuando per almeno un altro paio di decenni a raccontare le trasformazioni del mondo. Ma oggi, cosa è diventata questa irripetibile favola della cultura contemporanea? Il nulla, un enorme e fragoroso vuoto. Il rock è morto, amici e compagni, assente, latitante, travolto da ondate di pop e hip hop, schiacciato sulle proprie antiche responsabilità e incapace di reagire al nuovo. Eppure molti fanno fatica a prenderne atto. Fate la prova: ditelo ad alta voce e vi troverete ancora oggi in pochi secondi circondati da gente con la t-shirt dei Metallica che vi insulta.
Gino Castaldo, La Repubblica Musica del 23.11.18
Riprendo anch’io le riflessioni fatte da Milton sull’ennesimo annuncio funebre mai seguito da esequie spostando però in parte l’ottica di lettura delle affermazioni castaldiane.
Non mi sorprende il grido lanciato dal giornalista, non perchè la sua affermazione corrisponda al vero, o perlomeno non è questo che mi interessa in particolare, ma perchè proviene da un critico che da decenni monopolizza con il sodale Ernesto Assante la pagina degli Spettacoli de La Repubblica dedicata alla musica.
Personalmente Repubblica l’ho letto fin dagli albori, abiurandola solo da pochi anni una volta usurata pazienza e tolleranza. E non parlo della linea politica del quotidiano, in fondo non è necessario identificarsi in toto per acquistare un giornale, bensi’ della progressiva illeggibilità (l’ultimo restyling è riuscito a peggiorare ulteriormente le cose) e decadenza dello stesso.
Negli ultimi tempi saltavo a piè pari la politica italiana, pagine su pagine dedicate al nulla e ai suoi epigoni, verificavo la quantità minima dedicata ai grandi temi del mondo, mi consolavo con le pagine culturali e sprofondavo nella tristezza una volta giunto agli Spettacoli, a mio parere le pagine più mortificanti di un quotidiano in palese difficoltà.
I nostri due eroi hanno passato la vita editoriale a parlare di nani e ballerine, tratteggiando a giganti personaggi di mezza tacca, occupandosi quasi esculsivamente del pop o del rock e in piccola misura anche del jazz, purchè trendy, luccicante, cosi glamour e cosi vuoto da riempire pagine su pagine.
Ora pare lo abbiano scoperto anche loro, e se se ne è accorto perfino Castaldo la situazione deve essere drammatica anche se sicuramente non seria….