Un ascoltatore di RadioTre si sintonizza…
Questa volta siamo arrivati un po’ in curva nell’aggiornamento della finestra ‘Radio’, chiediamo venia, ma non è dipeso da noi. Sono già sfilati i due concerti in onda lunedì 21, dedicati a due gruppi italiani, uno quello di Stefano Tamborrino e l’altro quello di Francesco Cusa, registrati entrambi nel 2017 nell’ambito di JazzFlirt, un piccolo, valoroso festival che si tiene nella Val D’Itria. Avrei voluto spendere qualche parola particolarmente sulla band di Tamborrino, che al momento della registrazione vantava tra le sue file Pasquale Mirra al vibrafono, musicista di cui a mio avviso non si parla abbastanza: io ho avuto la fortuna di sentirlo due volte dal vivo, una a fianco di Nicole Mitchell (!) e l’altra l’estate scorsa a Fano in una ‘solo performance’ commissionata dal Festival che lo ha visto dividersi tra vibrafono e xilofono, oltre a parecchi altri ‘oggetti sonori’. Una performance veramente memorabile per intensità e creatività, e soprattutto di rara presa sul pubblico, tra l’altro perlopiù nient’affatto specialistico (cartina di tornasole che rivela le ricerche ben riuscite).
Coltrane che ‘soavemente’ impone ad un ansioso Bob Thiele il giovane Shepp, suo protegè
Sempre in patente conflitto d’interessi – sport nazionale di cui purtroppo mi sono poco impratichito in gioventù – veniamo ad una segnalazione finalmente tempestiva (cfr. in fondo alla pagina). Il prossimo lunedì 28 vi attende un’occasione di ascolto veramente del tutto irrinunziabile: Archie Shepp Quartet con la cantante Marion Rampal. Chi è Archie Shepp? Non risvegliate l’insegnante mancato che dorme in me (per fortuna, dicono gli estimatori). Guardate la foto sopra, è del 1965, studi della Impulse: racconta una storia.
Guardate bene anche la copertina di questo album (io ne ho tre edizioni diverse, l’LP originale del 1972 è sotto una teca di vetro). Innanzitutto, è uno dei migliori servizi (tanti) che la fotografia ha reso al jazz: c’è tutto Shepp, l’uomo, il musicista e soprattutto l’intellettuale (forse il maggior punto di contatto con Trane) . Bene, pubblicato questo disco, e saggiate le relative reazioni, Shepp ebbe l’idea di lasciare gli Stati Uniti alla volta dell’Algeria (per l’establishment americano di allora l’equivalente di Cuba, ma molto più impenetrabile di quest’ultima). E’ possibile che grazie a questo ora festeggiamo ancora i suoi 81 anni (motivo in più per non perderci questo raro ascolto… non fatemi fare sempre il cinico materialista). ‘Attica’, cosa vuol dire questa parola? In un memorabile, torrido film di Lumet del 1975 (solo quattro anni dopo), “Quel pomeriggio di un giorno da cani”, Al Pacino, scombinato ed emarginato reduce vietnamita, si rivolge così alla folla:
Se necessario, ‘the full story’ (od almeno quello che si è riuscito a raccontare, i processi si sono conclusi solo nel 1997…) la trovate su Wikipedia, “Attica prison riots”. In quest’album non c’è affatto la “all-out blast of rage one might expect; instead, it’s a richly arranged album of mournful, quietly agonized blues and Ellingtonian swing, mixed with a couple of storming funk burners”, che sempre secondo Scott Yanow fanno impallidire l’Isaac Hayes delle colonne sonore di “Shaft il Detective” e sono state famelicamente saccheggiate dai più originali talenti dell’acid jazz. Ed una delle ‘ribollenti fornaci funk’ cui allude Yanow è senz’altro questo questo coro di ‘sisters’ (no, non sono suore e nemmeno cubiste, anche qui Wikipedia…):
‘Attica Blues’, interno dell’album… il collettivo che c’è dietro
Shepp è l’esemplificazione vivente di quello che io chiamo ‘il cuore antico dell’avanguardia’: passata la stagione in cui c’erano troppe cose da dire, e troppo poche note per farlo, si è visto quanto profonde e forti erano le sue radici nella tradizione afroamericana e quanto originale e personale fosse la sua ricreazione. Nel 2018, pur in presenza di tanta ottima musica, è bastato far suonare un nastro dimenticato di Coltrane per farci salire a migliaia di metri di quota, e non parlavamo di un suo capolavoro. Ecco, la voce di Shepp è forse l’ultima di questa potenza e personalità, anche due singole note qualsiasi portano l’inconfondibile marchio del suo stile. Archie è stato uomo controverso (e non riconciliato..), e non solo nell’America di Nixon ed in quella di Reagan (ma anche le successive lo hanno guardato con sospetto appena dissimulato; non è un caso che da quasi 30 anni il sassofonista sia un naturalizzato parigino….), ma anche qui da noi: la sua tagliente eloquenza e la sua impietosa lucidità non sono fatte per la levigata industria della promozione e delle pubbliche relazioni.
Il suo motto potrebbe essere il “I’m not Your Negro”, titolo del bruciante incompiuto di James Baldwin, altro esule nero in Europa (dovremo parlare anche di lui, prima o poi). Ma, e vado a memoria, qualche anno fa lo Shepp ultrasettantenne pacatamente dichiarò: “Posso aver detto e fatto molte cose controverse, con il peso della rabbia e della gioventù. Ma tutto quello che ho detto e fatto mi è stato fatto pagare, ed anche dell’altro…”. Limitandosi al piano musicale, pensare invece ai ‘vitelli grassi’ sacrificati per il ‘ritorno a casa’ di certi ‘figliol prodighi’ (nel frattempo già milionari..) a me genera un certo prurito alle mani….
Horo Records, un’altra avventurosa label italiana difficile da dimenticare…..
La giacca di pelle ed il dashiki africano possono esser stati smessi per un impeccabile doppiopetto (mai peccato d’eleganza il nostro Archie…), il sorriso sardonico può esser diventano velato e disincantato, ma dietro c’è sempre il solito irriducibile, elegante Spartaco della musica, con la sua voce strumentale sontuosa e felina, con il suo fraseggio possente ed allo stesso tempo capace di scatti fulminei, con i suoi colori scuri e scintillanti. En passant, è uno che ha dato parecchio anche al nostro paese, come testimoniano le copertine di sopra: ed anche il concerto di Torino, stando all’unica testimonianza scritta che ho reperito, è stata una colata di rovente e sofisticata passione (occhio al pianista…).
Quindi, come di consueto, mano ai ‘dispositivi’……… Milton56
…..ehm, refuso redazionale
Postilla del giorno dopo. Mi dispiace per chi non lo ha sentito, il concerto di Shepp è andato al di là delle aspettative della vigilia e tra l’altro è stato gratificato da ripresa sonora di prim’ordine, a chi lo ha ascoltato in digitale (finalmente 128kbit per un canale che trasmette soprattutto musica, era ora) sembrava di stare sul palco insieme ai musicisti. La Pantera Shepp ruggisce ancora, sia al tenore che soprattutto al soprano, bisogna leggere i ‘santini’ biografici per ricordarsi che siamo davanti ad un fresco ottantenne. L’Archie vocalist (e da ultimo anche bluesman) a momenti oscura con la sua verve interpretativa la composta ed un tantino ‘impostata’ Marion Rampal. Band di gran classe, ma effettivamente il giovane pianista Morisset ha qualcosa di speciale. Grande serata, spero che i ‘dispositivi’ abbiano fatto il loro mestiere… Milton56
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