C’era molta attesa per il concerto di John Surman al Piacenza Jazz Fest, tenutosi in una sala del Conservatorio “Nicolini”. Location intima e raccolta perfetta per gustare il duo che lo ha accompagnato nella sua ultima fatica, Invisible Threads, per l’etichetta Ecm Records: Nelson Ayres al piano e Rob Waring al vibrafono e alla marimba. Fatto inaspettato del concerto, durante la sua trasferta a Piacenza, in aeroporto, sono stati smarriti i bagagli del musicista inglese insieme al suo clarinetto basso. L’organizzazione ha messo in piedi tutte le risorse possibili per trovare un altro strumento, che è stato recuperato, ma Surman, non essendo il suo strumento, ha deciso di usare solo il sassofono soprano per la sua performance. Entrando sul palco racconta la vicenda e immediatamente il pubblico lo accoglie con calore e partecipazione, l’artista visibilmente colpito si rasserena e suona con naturalezza e partecipazione spesso presentando i brani e scherzando con il pubblico, comportamento non frequente per lui.

In Autumn Nocturne il piano apre con accordi crepuscolari e il timbro inconfondibile del soprano, pulito e malinconico, ci riporta agli album storici del maestro inglese.
On Still Waters, brano intimista, che si ispira alle suggestioni del folklore inglese, risente però della mancanza del clarinetto basso dotato di sfumature sonore molto più sottili e penetranti.
Invisible Threads viene sviluppata maggiormente nella durata rispetto alla traccia dell’album e permette a tutti i musicisti di sviluppare una sorta di interplay invisibile, impalpabile: il sassofono interagisce con avvitamenti istigando Waring che risponde prontamente concedendosi ampio spazio di manovra.

L’esibizione si chiude con un unico bis, Pitanga Pitomba, il nome del brano cita due frutti originali del Brasile, brano vitale e gioioso in cui il soprano si lancia verso arpeggi e contrasti melodici con Waring che interviene usando molto la marimba.
Surman sembra suo agio con i suoi compagni di avventura, anche se il tempo è passato il maestro inglese tiene il palco con signorilità e sa graffiare più di una volta: inutili i confronti con gli album storici, altri tempi, diversa dimensione spirituale.
Nicola Barin.
E comunque da quel poco che l’ho conosciuto, John Surman è un vero gentleman.
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