Gli affari sono affari, il jazz è arte, e raramente le due cose si incontrano.” [ Leonard Feather ]
Non sarà certo sfuggito ad un attento lettore del nostro sito, la posizione quanto meno critica di chi vi scrive nei confronti dei grandi festival. La maggior parte di essi si è trasformata nel tempo in un fondamentale volano delle economie locali e, come prima e fondamentale conseguenza, il jazz ed i suoi musicisti sono stati messi da parte in maniera più o meno velata per far posto a star della canzone o del pop-rock. Non c’è gara ovviamente tra l’indotto procurato da un Leo Smith a confronto con il cantante rock del momento, e poiché la richiesta dei commercianti, degli albergatori, dei ristoratori e dei baristi è senza limiti, se ne deduce che lentamente il festival jazz diventa qualcosa d’altro, un contenitore musicale in cui convivono musiche e musicisti di diversa estrazione, in cui piano piano i jazzisti hanno sempre meno peso e il pubblico inevitabilmente muta non solo per motivi generazionali.
E’ facile pronosticare che a breve vedremo sui palchi calpestati dai più grandi jazzisti, personaggi come Laura Pausini e Vasco Rossi. Se ci pensate sono i soli due cantanti italiani capaci di riempire uno stadio e oramai il pubblico generalista è parte fondamentale dei festival jazz. Leggevo le cifre comunicate al termine della recente edizione di Umbria Jazz e, da buon montanaro che ama il silenzio e detesta le folle, sono rimasto impressionato dai 500 mila che hanno invaso Perugia nei giorni del festival. Amo Perugia e l’Umbria ma ritengo impraticabile una città di piccole dimensioni presa d’assalto da folle più o meno interessate alla musica (a confronto i 40mila biglietti venduti sono ben poca cosa).
Fin qui niente di nuovo, la situazione ormai è definita e il quadro assestato. Cosa succede però negli altri paesi ? E’ una domanda che mi sono posto da tempo e ora, grazie al miglior blog francese dedicato al jazz, Blog de Choc, ho una risposta che non fa che sconfortare ancor di più.
Luglio. Il tempo delle vacanze, con i festival estivi che coprono l’intera superficie della Francia. Alcuni anni fa, i protagonisti erano spesso musicisti che avevano fatto la storia del jazz. Ho davanti a me i programmi del 1989. Quello di Marciac che accoglieva Sonny Rollins è ben altra cosa rispetto ad oggi, ma Nizza, Juan-les-Pins, Sète, Cannes, Vienne e Montpellier condividevano quell’anno Herbie Hancock ,McCoy Tyner , Miles Davis , Michel Petrucciani , Nina Simone ,Keith Jarrett , Dizzy Gillespie , Phil Woods ,Jimmy Smith , Stan Getz , Sarah Vaughan , Chick Corea , Ahmad Jamal , Oscar Peterson , Michael Brecker e Betty Carter per nominare solo i nomi più famosi.
Trenta anni più tardi, la maggior parte di questi grandi musicisti sono scomparsi o troppo vecchi, non più in grado di fare concerti. Oggi pochi musicisti vedono riconosciuto il proprio talento da un vasto pubblico. Brad Mehldau , Melody Gardot , Diana Krall e più recentemente Gregory Porter sono eccezioni. Quanti anni ci sono voluti a Fred Hersch per poter suonare in grandi sale? Il musicista jazz ha soprattutto il club per far sentire la propria musica. I cartelloni dei festival, non tutti fortunatamente, ospitano troppo spesso per impostazione predefinita nomi che poco hanno da dire e comunque difficilmente i giovani musicisti più interessanti. Dal rock, soul, funk, electro, le nuove star invadono il programma a spese del jazz che lotta per sopravvivere, per interessare un pubblico abituato a ritmi semplici, note magre, musica che già il giorno dopo è evaporata nel nulla. Il comune vacanziere che partecipa a un festival è meglio servito del colto ed esigente amante del jazz che deve scartabellare i programmi per trovare un pizzico di felicità musicale.
Ascolto buona musica tutto l’anno. Quest’estate non mi interessa girare per festival finto jazz. Preferisco aspettare fino a ottobre, prenotarmi per Jazz en Tête, il festival jazz che programma solo jazz. Le mie vacanze: passeggiate in montagna dove la freschezza è ancora possibile, lontano da questi festival per i turisti che, sotto il nome di “jazz”, propongono indigestibili pietanze.
“Ascolto buona musica tutto l’anno…”: beato te che sei francese… “…Il musicista jazz ha soprattutto il club per far sentire la propria musica…”: eh magari, idem come sopra. Purtroppo alle nostre latitudini il vero appassionato non ha altra scelta che immergersi nei gorghi di questo gran fiume di spettacolo, setacciandolo come un cercatore d’oro alla ricerca di qualche rara pagliuzza … ricerca spesso affidata al caso ed alla buona sorte, qualche volta sostenuti da un po’ di fiuto istintivo. Diversamente, non resta che il malinconico ritiro nella stanza dei dischi, che peraltro spesso forniscono un’immagine avvizzita e sbiadita di molte esperienze musicali che si rivelano in pienezza e vitalità solo sul palco. Ai professionisti della musica mi permetto solo di ricordare il mio apologo minimo sui weekend in hotel di charme e sulla copertura di mutui e bollette……😉. Milton56
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