Dateci un taglio

” La maggior parte del jazz moderno, il 99 %,  è noioso; l’hai già sentito. I musicisti non stanno facendo nulla di creativo, tanto meno di nuovo. Continuano a perseguire progetti del tipo ” Facciamo un omaggio a Miles Davis!” Tutti i nuovi album sono omaggi alla storia. Diventa troppo ad un certo punto, verrebbe da dire ai musicisti ” Ciao! Sono vivo, lo sai ? E sono qui !”  Quindi credo davvero che ci sia bisogno di un po ‘ di idee nuove, è importante per vivere la contemporaneità, il pubblico di oggi, il sound di oggi.”

Robert Glasper

Nelle affermazioni di Glasper, quarantunenne pianista e produttore statunitense, ci sono almeno due punti da sottolineare:

  1. La visione del musicista è sicuramente troppo pessimista, però il problema è reale, aggravato dal fatto che l’industria (discografici, direttori artistici, club) predilige progetti “sicuri” alle sperimentazioni e alle novità coraggiose.
  2. Negli Stati Uniti sono molto più fortunati rispetto a noi. Laggiù infatti gli omaggi sono rivolti a grandi del jazz mentre in Italia di fatto si celebrano Nonna Papera e Mastro Ciliegia.

Nelle pieghe dell’industria e negli angoli del consumo di massa esistono formidabili musicisti che preferiscono l’onestà intellettuale e la dignità artistica alla celebrità e al conto in banca. Inutile fare nomi, chiunque abbia a cuore questa nostra bistrattata musica sa molto bene a chi mi riferisco e perché.

schroeder

Venendo al nostro piccolo orticello vorrei lanciare un appello ai musicisti da semplice appassionato: non ne posso più degli improbabili tributi a cantautori e gruppi rock che nulla hanno da spartire con la musica jazz. E’ spesso una questione di metrica, di modalità e di spessore del materiale originario. Perché “jazzificare” a forza canzoni che appartengono a galassie lontane rispetto un giro di blues o a una ballad ? Sembra che i nostri jazzisti aspettino trepidanti la morte di un cantautore (mi immagino i gesti apotropaici del buon Battiato di questi tempi…) per saccheggiarne (è il vocabolo giusto !) il repertorio con esiti nella maggioranza dei casi del tutto risibili se non scoraggianti per l’intelligenza di chi ascolta.

Eppure questa attività necrofora pare che paghi parecchio in termini di visibilità e guadagno, in partecipazioni a festival e contratti discografici. Ma a quale pubblico si rivolgono ? Non certo a degli appassionati di jazz, e qui parlo per me e per la mia discretamente numerosa cerchia di amici jazzofili. Non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ci sono anche tributi che, pur nella loro sostanziale improbabilità, sono fatti con classe e con talento. Ma perché, dico io, sprecare tempo e intelligenza nel vano tentativo di replicare De Andrè quando è evidente che il segreto del successo del cantautore genovese sta nella voce inimitabile e nella qualità dei testi, tutti elementi che in una ricostruzione “jazzata” spariscono ?

Chiunque in buona fede non può che preferire l’originale, e la proliferazione di omaggi a pinco e pallino non ha prodotto che pochissimi album degni di un qualche interesse. Mai dei capolavori da ricordare

Per favore, dateci un taglio ! Osate, scrivete brani originali, abituate il pubblico a ricercare la bellezza, gli organizzatori di concerti a non essere sordi, i discografici a conciliare guadagno con qualità.

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5 Comments

  1. Primo commento ‘a caldo’: “Let’s do a tribute to Miles Davis”. Come no, ma a quale dei tre o quattro che abbiamo visto in azione? Alcuni Miles in società’ si scansano ancora facendo finta di non conoscerli… Milton56

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  2. E due… “Sembra che i nostri jazzisti aspettino trepidanti la morte di un cantautore …”: strategia assolutamente fallimentare, molti dei nostri cantautori sono ormai assurti al rango di ‘Vati della Patria’ e sono ormai consegnati a quella condizione di ‘non morte’ propria dell’ultimo Khomeini o del tardo Breznev… Ironie a parte, la persistente fortuna di tanti cantautori in servizio permanente effettivo è dovuta al fatto che riempiono un vuoto nella cultura di massa lasciato dai ‘maitres a penser’ degli anni ’60 e ’70, quelli ancora capaci di scrivere su di un giornale e farsi leggere da centinaia di migliaia di persone, o di fare del cinema che non fosse quello ‘due camere e servizi’ che va adesso. Dopo i ‘maitres’ non restano che i personal trainer dell’Anima. Logico che il loro seguito ampio e persistente attragga altri ‘creativi’, soprattutto se in preda a sindrome ‘da foglio bianco’. Milton56

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  3. Rob, a parte il fatto che non ci trovo nulla di male – visto come siamo messi – a omaggiare qualcuno, ma perché dici che è “Inutile fare nomi, chiunque abbia a cuore questa nostra bistrattata musica sa molto bene a chi mi riferisco e perché” (io non lo so).
    E ora mi riferisco all’ultimo tuo paragrafo. In un certo senso, stai dicendo quello che ho detto io: a 13 anni ascoltavo solo rock e mi schiaffavano brani jazz “orecchiabili e melodiosi”. Anche io non ne potevo più degli improbabili tributi a jazzisti che, così come venivano proposti, col jazz non avevo nulla a che fare. Allora era solo un’intuizione, ma poi ne ho avuto conferma.
    Fate proposte voi che siete bravi! E lo dico senza alcuna ironia o sarcasmo. Vi stimo molto.

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  4. non è esattamente nelle nostre corde “proporre” qualcosa di valore da contrapporre a certe derive, scegliendo di parlare di Tizio anzichè di Caio diamo indirettamente certe indicazioni, poi sta ad ognuno trovare la sua via, abbracciare uno spettro più o meno ampio di esperienze musicali, fermo restando che se uno trova in un disco di cover jazzate di De Andrè il suo Nirvana, per me va comunque benissimo. Entrando nel merito ho molto rispetto di Glasper ma gli esperimenti di crossover con il rap/hip hop hanno almeno un trentennio, nella sua proposta non c’è alcuna “rottura”, semmai una saldatura black con esperienze macinate e risviluppate in modo originale, mi piacerebbe molto per esempio un suo omaggio a Prince, o a Gil Scott Heron, perchè saprebbe farlo assolutamente “suo”. (detto tra noi, sono quasi certo che prima o poi lo farà)

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  5. “Robert Glasper … mi piacerebbe molto per esempio un suo omaggio a Prince, o a Gil Scott Heron”. Eh, sono due mete difficili, per motivi diversi. Gil Scott Heron: un ‘arrabbiato’ di quelli puri e duri, se negli anni ’70 già disturbava, figuriamoci ora…. Prince: questa è musicalmente una bella sfida, per me alla portata di qualcuno che pensi in termini ‘orchestrali’. Era una fissa dell’ultimo Miles, che però – incredibile ma vero – si fece inibire dai pareri negativi del suo entourage, Dave Liebman e soprattutto la tostissima Cicely Tyson, che pensavano che l’accostamento con un divo di gran successo commerciale come Prince nuocesse all’immagine del redivivo trombettista.
    Comunque convengo con il compagno Pepe: leggete anche i nostri silenzi, ragazzi, sono assordanti se paragonati ai battage che si fanno all’esterno. Ricordiamo poi che un principio cardine della Società dello Spettacolo è: “parlate di me, anche male, ma parlate di me”. Quindi anche il silenzio pùò fare molto rumore 😉 Milton56

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