Carta Virtuale

Carta Stampata era una rubrica curata da GianMario Maletto (nella foto sotto) per moltissimi anni penultima pagina del mensile Musica Jazz, ed era una delle rubriche che preferivo: Maletto faceva ogni mese una carrellata sugli articoli, sulle interviste e su quant’altro avesse a che fare con la nostra musica pubblicato nel mondo.

Oggi, dopo l’avvento di internet, Carta Stampata potrebbe chiamarsi Carta Virtuale, con in più la possibilità per il lettore di collegarsi direttamente al link dell’articolo proposto leggendolo per intero senza l’abile riassunto che ne faceva Maletto. Al quale però va riconosciuto il merito di averci fatto leggere per decenni articoli oltremodo interessanti e gustosi senza nemmeno la fatica di tradurli per i meno ferrati con le lingue.

gianmariomaletto_andymagazine_amedeonovelli

In questa logica, pur essendo il nostro spazio prevalentemente dedicato a contributi originali, mi piace segnalare ogni tanto anche interi articoli senza per questo commentarli, lasciando al lettore interessato il giudizio su pertinenza ed interesse. Per quanto mi attiene, se li ritengo meritevoli di segnalazione non necessariamente ne condivido anche i giudizi.

Inizio da una notevole intervista di Nazim Comunale a Stefano Giust, fondatore di Setola di Maiale, ” etichetta che documenta le musiche improvvisate italiane e del mondo. Agitatore della scena che in ogni modo (e tra tante difficoltà) resiste al conformismo dilagante e batterista instancabile e anti-retorico, Giust è un musicista con una visione.”

Ecco un estratto interessante:

«Riguardo agli organizzatori, in Italia ci sono piccole associazioni che sono straordinarie perché riescono a fare, nel loro territorio, la differenza rispetto a un “mercato” concertistico che appare spesso a dir poco penoso, ripetitivo nei palinsesti e privo di qualsivoglia visione o coraggio. Però grazie ad Angelica, Dobialab, Hybrida, Area Sismica, Macao, Curva Minore, Raum, Invisible show, Centro d’Arte di Padova, Spazio O, Blutopia e altri piccoli locali o festival, possiamo ritenerci ancora fortunati. Io continuo a pensare che il pubblico debba e voglia esso stesso essere guidato, ma la stragrande maggioranza degli organizzatori guardano solamente ai numeri per calcolare l’esito delle proprie iniziative. Questo è esattamente il criterio opposto di Setola di Maiale, dove l’autoproduzione allargata permette di infischiarsene del mercato (in una certa misura) e fare esattamente le scelte che si desiderano».

Leggi il tutto qui: https://www.giornaledellamusica.it/articoli/stefano-giust-politiche-delle-musiche-non-allineate

setoladimaiale_preview

Gary Giddins sul Village Voice traccia un ritratto del jazz negli anni ’70 e lo fa ponendo subito, fin dai titoli di testa, un assunto aggressivo:

“Forse il meglio che si può dire del jazz negli anni ’70 è che non è sopravvissuto.”

Non va meglio neppure leggendo, e d’altronde, come dare torto a Giddins?

“Come è possibile che qualcuno si interessi al jazz con i campionamenti massificati , la musica truccata prodotta con ritmiche cullanti, assoli impersonali, voci e corde glutinose. Mi chiedo: se avessi 15 anni e conoscessi solo il jazz elaborato dei mass media, cosa penserei del jazz? Penserei che  sia una musica banale e prevedibile, senza spirito o spontaneità.

Un pensiero umiliante. Perché il jazz e’ per me (e per tutti gli appassionati) una celebrazione dell’individuo, alimentato dallo spirito e dalla spontaneità, innescato dall’irriverenza. Il jazz e’ una sfida per l’ascoltatore e un rischio per l’esecutore, un’espressione di libertà, basti ricordare la frase di Thelonious Monk : “Non suonare ciò che il pubblico vuole – suona quello che vuoi tu e lascia che il pubblico raccolga quello che sei, anche se ci vogliono 15 o 20 anni. ”

Leggi l’articolo qui: https://www.villagevoice.com/2019/12/11/jazz-wars-in-the-70s/

 

1_FI_jazz

Oggi a Bergamo è stata presentata l’edizione 2020 del prestigioso festival jazz che vede per la prima volta nel ruolo di direttore artistico una donna: Maria Pia De Vito. Non so se si deve a lei, ma ad ogni modo, dopo alcuni anni di programmazione senza particolari acuti e con concessioni al pubblico meno smaliziato, il cartellone è sicuramente molto interessante e del tutto godibile.

Non ci sono salti nel vuoto, nel senso che non si prende in considerazione nessun tipo di sperimentazione e si va su nomi collaudati e largamente conosciuti, di sicuro impatto e richiamo, ma , vivaddio, si tratta di musicisti di primo piano che riportano il festival ad una altezza programmatica che gli è consona.

Leggi il cartellone qui:  https://www.teatrodonizetti.it/wp-content/uploads/2019/12/Programma-2020-compresso.pdf

merlin_165737220_2109106c-0476-435a-8330-25c1f669641c-jumbo

Sul New York Times Giovanni Russonello scrive un ponderoso articolo dove tratteggia gli ultimi dieci anni della musica jazz visti anno per anno scegliendo un artista o un avvenimento significativo, passando da Kamasi Whashington a MeeToo, da Ornette allo Stone, il locale di John Zorn.

“Alla fine del decennio, dove va il jazz?

È l’orgogliosa tradizione della “musica classica” americana, radicata nel blues ma ora felicemente inserita nell’accademia ? È il dominio dello sperimentalismo senza esclusione di colpi , dove le idee standard di armonia e ritmo sono cresciute? O è una forma di musica nera in continua evoluzione che consente ai giovani musicisti virtuosi di incorporare pop, hip-hop ed elettronica in nuovi stili che sembrano le nostre vite del 21 ° secolo sovraccaricate di informazioni?

Tutte e tre sono risposte valide – e come hanno dimostrato gli ultimi 10 anni, è l’attrito tra loro che fa funzionare il motore del jazz.”

Leggi l’articolo qui: https://www.nytimes.com/2019/12/11/arts/music/jazz-decade.html

Dopo nove mesi di preparazione, il 31 ottobre 2019, l’epico spettacolo Sonic Genome di Anthony Braxton, della durata di circa sei ore, è andato in scena al museo Gropius Bau di Berlino ed ha aperto il Jazzfest Berlin. L’evento è ora è in streaming su YouTube.

 

Sonic Genome è una delle opere su larga scala di Braxton. Per l’evento di Berlino, ci sono voluti nove mesi di preparazione, 60 musicisti provenienti da tutto il mondo che hanno provato insieme per diversi giorni e  oltre un migliaio di spettatori che sono diventati amichevoli sperimentatori per la serata .

In occasione dell’evento, Sonic Genome è stato presentato solo tre volte in pubblico, Timo Hoyer ha scritto un breve ma palpitante ritratto del musicista e della sua opera.

Leggi l’articolo qui: https://blog.berlinerfestspiele.de/anthony-braxton-unwaveringly-creative/

I Necks non avrebbero mai dovuto esistere, o almeno non in pubblico. Concepiti come un trio di improvvisazione libera di lunga durata, sono riusciti inizialmente a schivare la pressione e le aspettative esterne senza mai esibirsi o registrare. Non è durato a lungo per fortuna. Da più di trent’anni il trio australiano delizia il pubblico di tutto il mondo   hanno flirtato con jazz, improvvisazione libera, ambient, post-rock, kraut-rock e un numero imprecisato di altri stili rimanendo sempre perfettamente riconoscibili ed originali. Una storia del gruppo è quella che tratteggia Michel McKinney qui:

Chasing Ephemera: Entering the World of the Necks

Zabriskie Point è il film di Antonioni che tutti  abbiamo visto e ammirato non solo per le immagini e per l’ambientazione ma anche per la colonna sonora. Uno spaccato dietro le quinte con gustosi aneddoti tra il regista, i Pink Floyd e John Fahey è leggibile su Ondamusicale qui:

http://www.ondamusicale.it/index.php/oggi-in-primo-piano/19549-il-1969-dei-pink-floyd-la-storia-di-zabriskie-point

E poi ancora ma in breve :

* Phil Freeman ha  pubblicato una serie di articoli in tre parti dedicata al grande sassofonista Arthur Blythe.

Arthur Blythe Pt. 1

* Polyphonic ha pubblicato un video interessante intitolato:  Time Out: come Dave Brubeck ha cambiato il Jazz
* NPR intervista Christian McBride su Miles Davis e l’impatto di Bitches Brew a 50 anni di distanza e Sweetwater produce un video sul sessantesimo anniversario dell’album Kind of Blue.
* JazzSpeaks presenta un’intervista a Kris Davis e Julian Lage.
* The Checkout di WBGO si concentra sulla musica del grande sassofonista e clarinettista  David Murray.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.