Una persistente penuria di novità stimolanti, abbinata alla recente scoperta di un “tesoretto” discografico dell’usato risalente ad un passato prossimo, mi hanno portato fra le mani questa incisione ECM di Enrico Rava del 1986, l’unica condivisa con il quartetto del bandoneonista argentino Dino Saluzzi (Bruce Ditmas alla batteria, Furio di Castri al basso ed Harry Pepl alla chitarra). E subito il primo ascolto, seguito da molti altri, mi ha rivelato un’opera, un pò sottovalutata e trascurata persino nella discografia del sito del trombettista, ricca di motivi di interesse e meritevole di una ri – scoperta. “Volver”, stesso titolo del film di Almodovar del 2006, inizia così: un sommesso soliloquio di chitarra elettrica, su cui si innesta prima un intervento discreto del bandoneon, quindi alcune note del contrabbasso, e, dopo un momento di sospensione, la tromba di Rava. quello che arriva è uno di quei suoi temi semplici ma toccanti, un pò onirico, un pò malinconico, che evoca tradizioni musicali e sensibilità familiari, pare echeggiare una colonna sonora di uno sceneggiato della televisione italiana degli anni sessanta. Il brano si intitola “Le but du souffle”, e fa il paio con la conclusiva “Visions”, l’altra delle due composizioni firmate da Rava, una ballad atmosferica dalle atmosfere cangianti, catalizzate intorno al motivo tematico ricorrente, ripreso in forma più stringata nell’album del 2003 “Full of life” inciso con Girotto, Sferra e Tavolazzi. Fra i due estremi, il lavoro offre altri episodi di rilievo, nella vena di un jazz inquieto e frastagliato, ibridato con le atmosfere world del cotitolare. “Minguito” è un tuffo nell’elettricità davisiana con la tromba di Rava impegnata in furiosi fraseggi che è sempre un piacere riascoltare , “Luna-Volver ” uno struggente brano per bandoneon solo che unisce un originale di Saluzzi al tango che intiola il lavoro, tratto dal repertorio di Carlos Gardel, “Tempos de ausencias” un distillato di melodia argentina appena screziato dalla chitarra di Pepl e con la tromba sordinata sullo sfondo che si agita nel finale preparando il terreno a “Ballantine for Valentine” , strappo free ornettiano che spezza le pacate atmosfere dominanti del disco ed estende gli orizzonti di una collaborazione rimasta, con nostro rammarico, episodio isolato nella lunga carriera dei due musicisti.
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