Roma. Ormai non fa neanche più notizia. La chiusura di un altro paio di librerie in città (tra cui la Feltrinelli International, una delle poche ad avere libri in lingua originale) ci passa sopra la testa come le previsioni meteo.
(…) I numeri parlano chiaro: in dieci anni, dal 2007 al 2017, in città hanno chiuso 223 librerie. Altre 12 sono sparite nel 2018. E l’inizio di quest’anno non promette nulla di buono. Le cause, naturalmente, sono diverse. C’è Amazon, visto che un libro su cinque si compra on-line. Poi ci sono gli e book, che però registrano una frenata: 51.937 quelli pubblicati nel 2018 contro i circa 81 mila del 2016.
Ma alla base di tutto c’è un’Italia che non legge. “Basta entrare nella casa di un qualsiasi francese di borghesia medio-piccola e ci sarà una parete piena di libri. Nel salotto dell’italiano medio c’è invece una mensola con alcune suppellettili di pessimo gusto dove fanno capolino un paio di libri, Bruno Vespa e Fabio Volo. Se invece siamo a casa di un intellettuale, ci saranno pure Il Colibrì di Sandro Veronesi e Assassinio a Villa Borghese di Walter Veltroni…”, dice Fulvio Abbate, scrittore. Cui sovviene una vecchia battuta. “Vuoi regalarmi un libro? Ma no, ne ho già uno. Meglio una sciarpa…”.
Cosa si può fare per fermare il declino (copyright Zingales & Giannino) o, addirittura, invertire la tendenza? “Nulla”, risponde senza lasciare speranza Umberto Croppi, ex editore e assessore alla Cultura nella giunta di Gianni Alemanno, oggi presidente della quadriennale d’arte di Roma. “A subire il fascino del libro cartaceo e delle vecchie librerie ci sono solo quelli sopra i cinquant’anni. Per il resto si compra on line. Sotto i 40, per intenderci, nessuno compra più un giornale o un quotidiano…”, aggiunge Croppi. Quella delle edicole è un’altra ecatombe, in città e nel Paese: erano 15.867 nel 2017, sono 15.126 nel 2018, meno 741.
Il popolare marchio audio Bose ha annunciato che sta chiudendo un numero significativo dei suoi negozi. La società ha preso la decisione a causa della popolarità degli acquisti online e della riduzione dell’interesse dei consumatori nei negozi fisici.
Tutti i negozi al dettaglio Bose in Nord America, Europa, Giappone e Australia chiuderanno, per un totale di 119. In altre parti del mondo, 130 negozi rimarranno in Cina e negli Emirati Arabi Uniti, con un’infarinatura di altre posizioni in India , Sud-est asiatico e Corea del sud.
Bose non ha rivelato quanti dipendenti saranno licenziati, ma si stima che siano centinaia. La società afferma che aiuterà a trovare nuovi posti di lavoro per i dipendenti licenziati. La società ha anche dichiarato a Engadget: “Le cuffie Bose con cancellazione del rumore, gli auricolari sportivi wireless, gli altoparlanti portatili e gli altoparlanti intelligenti vengono acquistati sempre più attraverso l’e-commerce”.
Avere i prodotti disponibili per un test di persona è stato prezioso negli anni ’90 quando Bose ha aperto il suo primo negozio negli Stati Uniti, ma nel corso degli anni la qualità generale dei prodotti audio è migliorata così tanto e la visibilità delle recensioni è cresciuta a un livello tale che le persone possono acquistare online in maniera fiduciosa.
Fonte: https://www.engadget.com/2020/01/16/bose-closing-down-stores/
Se tutto va bene siamo rovinati : un quadro catastrofico: chiudono edicole, librerie, negozi di dischi e ora anche negozi di alta fedeltà. A dire il vero per questi ultimi il fenomeno, almeno in Italia, è datato già da alcuni decenni. Pare insomma che la musica ed i libri possano essere fruiti solo attraverso il cellulare, sopratutto dalle nuove generazioni che in maniera evidente non conoscono il profumo delle pagine di carta e il fascino di un vero ascolto hi-fi . In compenso prepariamoci, almeno coloro che ne hanno il fegato, all’ennesimo degradante (da ogni punto di vista) Festival di Sanremo e alla quantità spropositata di servizi mediatici ad esso dedicata. Un vero spreco di risorse e di tempo per un avvenimento di portata insignificante in campo musicale. Sigh !!!
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