Musica dalle radio internazionali

 

Vijay Iyer: piano
Steve Lehman: alto saxophone
Mark Shim: tenor saxophone
Graham Haynes: cornet and electronics
Stephan Crump: bass
Jeremy Dutton: drums

Live at Pori Jazz festival, Finland, July 19, 2018

Duration 01:01:52

Tracklist:

Open City

Far From Over

Nope

Segment for sentiment

Poles

Libra

For Amiri Baraka

Hood

Se guardando la copertina vi venisse un dubbio,( ma questo album non l’ho mai visto !), tranquillizzatevi: il compact in questione non esiste. Si tratta infatti della registrazione di un concerto del sestetto di Iyer al Pori Jazz Festival trasmesso dalla radio finlandese.

L’ennesimo regalo che la rete offre: esistono infatti diversi siti che offrono le registrazioni di concerti trasmessi dalle varie radio nazionali e, di conseguenza, di ottimo livello tecnico. D’altronde si tratta di una pratica che ognuno a casa propria potrebbe tranquillamente adottare: basta un impianto stereo comprensivo di tuner ed un registratore dat e il gioco è fatto.

Ma tornando all’oggetto della registrazione, qui è possibile ascoltare uno dei gruppi più interessanti della scena statunitense a distanza di un anno dalla pubblicazione di Far From Over, l’album per E.C.M. che tanti consensi ottenne all’uscita. Stessi musicisti per un repertorio parzialmente diverso, quattro brani non compaiono sul disco in questione, ma l’amalgama del gruppo appare ancor più brillante e rodato, cosi’ come lo stesso Iyer faceva intuire dallo stesso titolo, Far From Over, traducibile in “tutt’altro che compiuto” .

Ecco alcune righe di una recensione ad opera di Raffaello Carabini che aiutano ad afferrare meglio la musica di Iyer:

Ovviamente, non ne viene fuori un disco facile. Far From Over è un disco denso, spesso malinconico ed elegiaco, inquieto e nervoso, trascinante e ribollente. La forza del ragionamento di Iyer rende il lavoro magnetico, richiede – pretende, quasi – una serie di ascolti successivi per cogliere nessi e legami, per comprendere come il punto di partenza di un’idea e le sue radici vengano portate verso l’evoluzione voluta dal pianista. Una “pretesa” che si accoglie e si concede alle dieci tracce composte da Iyer per tutta una serie di motivi. La varietà dei materiali e la dedizione dei singoli musicisti, l’apertura verso la dimensione orchestrale del sestetto in alcuni momenti e il senso melodico sempre presente anche se declinato in una maniera del tutto personale e stravolta. Senza troppi giri di parole, passa l’attitudine diretta della formazione e l’abilità del pianista di affrontare, attraverso la sua musica, “la feroce e drammatica precarietà” della nostra epoca e di dare corpo ad una ricerca concreta, sempre lucida ed austera, dove si intrecciano in maniera efficace slancio, intelligenza e rigore.

 

 

 

 

 

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