Inevitabilmente, la lingua batte dove il dente duole… ritorna sempre il dibattito sul futuro possibile della musica, e soprattutto di questa musica. Ancora una volta, raccolgo l’assist dell’amico Rob, di cui condivido le riflessioni.
Non mi ripeto sul ruolo cruciale e decisivo che hanno i network radiotelevisivi, senza il loro apporto non si va da nessuna parte, soprattutto nella prima fase di timida, stentata ripresa. Ribadisco: per mettere in onda un decoroso concerto live non sono necessarie grandi risorse produttive: quand’anche non si fosse più capaci (vergogna…), alzarsi e lasciare il posto agli ingegneri del suono che operano per le label italiane specializzate, che quanto a qualità delle riprese hanno ben poco da imparare. Il problema dei problemi è però il far convergere in unico luogo fisico musicisti che quasi sempre sono dispersi territorialmente, anche se da anni fanno parte di affiatate formazioni. E qui ancora torniamo alla tecnologia: mi rifiuto di credere che non si riesca a metter insieme uno spazio musicale virtuale in cui far interagire in sincrono ed a distanza almeno un gruppo ristretto di musicisti: basti pensare alla tecnologia che sta dietro ai più sofisticati videogiochi online, ormai diventati dei veri mondi virtuali che vedono l’interazione simultanea di migliaia di giocatori sparsi su tutto il pianeta. Nel campo dell’informatica applicata alla musica sono state prodotte tante cose (di molte delle quali francamente non si sentiva la mancanza, se non per la generazione di barocchi ‘effetti speciali’), qui è questione di dare una chance di sopravvivenza alla musica, sia per quanto riguarda l’attività di studio che quella ‘dal vivo’: o si crea lo studio od il club virtuale, o la musica si ridurrà alle discoteche del passato che abbiamo in casa.
Leggevo alcune riflessioni di Claudio Trotta, storico promoter di grandi raduni musicali formato stadio. Alcune sono specificamente riferite al campo di suo interesse (va però ricordata la sua saggia esortazione a metter in naftalina le carovane di tir necessarie a trasportare apparati scenici ed effetti speciali, ed a ritornare a mandare in scena la musica pura e semplice… parole sante), ma alcuni spunti vanno attentamente meditati anche nel campo jazzistico. Quand’anche si arrivasse a ripristinare una diradata agibilità di teatri e sale da concerto, bisognerà porsi il problema di proporzionare i compensi di chi va in scena ai ridotti incassi da biglietti: scelta dura e problematica, soprattutto dopo un lungo fermo dell’attività concertistica. Una soluzione potrebbe essere quella di abbandonare la formula ‘one stand’, un concerto = una serata, ed invece puntare sulla distribuzione su più giornate dello stesso programma, in modo da sommare nel complesso un pubblico paragonabile a quello ‘di una volta’. Del resto questa era lo formula standard dei grandi jazz club del passato: una scrittura continuativa sarebbe poi un bello stimolo ed opportunità anche dal punto di vista musicale.
Ricordiamo poi che in occasione del passaggio al digitale molte sale cinematografiche di qualità si sono dotate di connessioni internet ad alta velocità, in grado di ricevere e trasmettere spettacoli musicali con standard qualitativi molto elevati… un’opportunità da non trascurare: suonare per pubblici che si trovano ciascuno in un luogo diverso. Considerata la situazione, credo che molti gestori di cinema sarebbero piuttosto sensibili a proposte di questo tipo, sta a musicisti e promoter metter in piedi l’apparato tecnico per la ripresa audio.
Infine, pur consapevole delle diverse e più modeste dimensioni della scena jazzistica italiana, non posso non indicare questo cospicuo esempio da seguire:
Una bella idea…. fresca fresca. Sono partiti nello scorso febbraio.
Purtroppo Jazzed è inaccessibile per chiunque si trovi al di fuori al di fuori del Regno Unito (questioni di diritti acquistati in forma territorialmente limitata, il Medioevo prossimo venturo del web…), ma è un’esempio da tener ben presente da parte di un gruppo di nostri promoter con buone relazioni internazionali, in grado cioè di consorziarsi magari con francesi e tedeschi in modo da generare la necessaria ‘massa critica’. Il successo ormai pluridecennale di Artè ed il torpore creativo dei nostri media generalisti aprono una nicchia interessante che ben potrebbe esser occupata nella dimensione dello streaming web on demand, prima che anche in questa prateria ancora relativamente poco sfruttata sorgano insormontabili barriere all’ingresso per produzioni indipendenti. ‘Memento audere semper’, diceva quel tizio abruzzese…. Con il giusto tempismo, anche un motoscafo può affondare una corazzata…
Il Vate D’Annunzio concepisce il Motto… il Comandante Rizzo ed i suoi poi contribuirono con un tantino di ‘fegato’…..
Concludo queste riflessioni ad alta voce con una notizia importante. Abbiamo già paarlato a più riprese di Bandcamp, meritoria piattaforma che in questo momento svolge un ruolo vitale per musicisti e piccole etichette indipendenti. Bene, il prossimo 1 maggio da mezzanotte a mezzanotte (fusi USA) ci sarà un’altra giornata di ‘sostegno alla comunità’: Bandcamp devolverà interamente il ricavato delle vendite di album fisici e digitali ai relativi autori e case discografiche. Utile ricordare che in occasione di iniziativa analoga pochi giorni fa sono stati devoluti ai beneficiari in un solo giorno ben UsDoll.4,3 milioni ….. Ricordo che su Bandcamp sono presenti anche etichette e musicisti italiani, tra i più interessanti e vispi della scena. Non ‘like’ che lasciano il tempo che trovano, ma opere di bene….. per le vostre orecchie. Dettagli QUI. Milton56