Qualche spicciolo di speranza……

Dwight Eisenhower era un militare tutto di un pezzo. Un grande stratega che tra molti contrasti e grandi azzardi portò in dote all’America la vittoria in Europa nella Seconda Guerra Mondiale. Eppure una volta, nel bel mezzo degli opulenti anni ’50 che videro l’apogeo della grande potenza americana, ebbe a dire all’incirca: “ La musica jazz è il nostro migliore ambasciatore”. Non era una frase ad effetto, basti pensare alle tourneè oltrecortina della fine degli anni ’50 con cui il Dipartimento di Stato spedì jazzmen come Armstrong ed Ellington in giro per il mondo a maggior gloria dell’ American Way of Life. La stessa che prevedeva che in patria entrassero dalle porte di servizio, nel migliore dei casi.

Bene, ora uno di questi ‘ambasciatori’ deve affidarsi al supporto economico dei colleghi e del suo pubblico per sostenere le continue ed onerose cure impostegli da una lunga malattia che già da qualche tempo lo ha costretto su una sedia a rotelle. Circostanza che gli impedisce persino di ‘morire sul palco’ lavorando, come è successo a molti suoi colleghi.

Non stiamo parlando di una figura dimenticata, con qualche sprazzo di celebrità e di successo sepolti ormai in decenni passati. Stiamo parlando di Wayne Shorter, cioè quello che senza inutili cautele e distinguo mi sento di definire il più grande jazzista vivente.

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L’Uomo delle Idee è sempre di servizio…. Miles e Wayne negli anni ’60 

Il ventenne taciturno e schivo che Art Blakey impose come direttore musicale di una delle più smaglianti edizioni dei suoi Jazz Messengers: e questo in spregio al duro ed inesorabile ‘nonnismo’ che allora imperava anche ai piani alti del professionismo musicale. Quello che appena arrivato in studio di registrazione si sentiva chiedere su due piedi da Miles Davis di aprire il suo famoso taccuino su cui sono state abbozzate alcune delle pagine più folgoranti del Quintetto che ha tracciato il canone del jazz contemporaneo: ed anche in questo olimpo estetico Wayne è ancora una volta ‘l’uomo delle idee’.

E quanti della mia generazione possono dire di aver incontrato per la prima volta il jazz attraverso le ariose e futuribili linee dei Wheather Report, una creatura sua e di Joe Zawinul che per molti anni ha riempito di giovani le arene di mezzo mondo. Alcuni loro brani divennero addirittura le sigle di apertura delle nascenti ‘radio libere’, tanto forte era il loro appeal e la loro forza evocativa.

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Il Corpo Elettrico vive ancora nei ricordi di molti: i brani live in Giappone valgono a far capire che differenza passa tra avventure visionarie e tanta plastica stampata successiva… 

Ed infine, dopo molte altre e varie esperienze (non esclusa una frequentazione non banale dell’universo della musica brasiliana), giunge a formare il suo Quartetto (Danilo Perez, John Patitucci, Brian Blade), che diventa un’altra ‘pietra di paragone’, ma questa volta in una scena musicale esplosa e priva di centro e struttura: quindi un’exploit ancora più grande di quello dell’aureo quintetto davisiano, baricentro del jazz degli anni ’60 (ed anche di altre cose a venire).

Per un uomo del genere noi in Europa pensiamo ad un’ultima stagione della vita di onori e serena quiete, guadagnati sui palcoscenici di tutto il mondo ad onta di dure prove nella vita privata (ha perduto una bambina e la moglie in circostanze tragiche, sullo sfondo un rapporto non facile con il fratello Alan, musicista anche lui). Prove superate grazie all’equilibrio spirituale conquistato  con una vera e profonda adesione al buddismo, niente a che vedere con certe effimere e superficiali ‘cotte spirituali’ ostentate da altri suoi colleghi.

Invece ora tocca a Shorter forse la prova più dura: quella di confrontarsi nel momento di maggiore debolezza e bisogno, forse anche al crepuscolo della propria vita, con la spietata indifferenza ed ingratitudine di un paese a cui dato tanto, un paese a cui ha cercato di donare un’immagine diversa da quella sinistra e quasi infernale che abbiamo sotto gli occhi in queste settimane. E già, perché nell’America di Wayne salute e vita residua si comprano a suon di dollari, gli stessi dollari che scorrono a fiumi per i capricci eccentrici di celebrities di un giorno e per i deliri di onnipotenza di tycoon che hanno poco da invidiare agli Eliogabalo della decadenza imperiale romana. E non parlo solo di apprendisti stregoni catapultati da rabbia e disperazione a metter mano a cose infinitamente più grandi di loro.

Se l’uomo di ‘Infant Eyes’, di ‘Footprints’, di ‘Speak No Evil’, di ‘I Sing the Body Electric’, dell’ultimo esoterico ‘Emanon’,  ci ha donato momenti di fascino ed emozione, non lasciamolo solo, ripaghiamolo almeno con un poco di estrema serenità.

Il San Francisco Jazz Collective – gran bei musicisti, nella nostra trendyssima Italia non se li fila quasi nessuno, adesso si confermano anche belle persone – ha mobilitato molti jazzmen (Herbie Hancock, Kamasi Washington, Brandford Marsalis, Ambrose Akinmusire e molti altri ancora) che hanno messo a disposizione i video dei loro concerti  di omaggio a Wayne  tenutisi mesi fa in suo onore (e già allora in sua assenza per motivi di salute). Queste performance verranno distribuite in streaming a pagamento ( vedi in questa PAGINA ), con ricavo interamente devoluto a favore di un fondo per le spese mediche di Shorter. Ma c’è anche un mezzo più diretto e disinteressato per esser d’aiuto: QUI è possibile inviare via web delle offerte che confluiranno immediatamente nel fondo di cui sopra. In un disperato sforzo di sostenere l’iniziativa, ai donatori dagli USA si rammenta la deducibilità fiscale dell’offerta: un bel dettaglio utile a ricordare che l’America è anche e sempre questo, dettaglio da dedicare puntigliosamente agli ‘Americani a Roma’ che pontificano sulle pagine dei nostri giornali.

Ah, un’ultima cosa: ricordiamoci di tutto questo quando sacramenteremo in coda in un nostro ospedale …. Milton56

I Barracuda concepiti da Gil Evans dovevano guizzare tra le quinte di una piece teatrale: nel 1965 riemergono in questo splendido ‘Etcetera’ di Wayne con Herbie Hancock, Cecil McBee e Joe Chambers. Ma allora c’era tanta abbondanza di musica straordinaria che questo disco apparve solo molti anni dopo……

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