Vigilia di Ferragosto 2020. In una città incerta fra spopolamento vacanziero e timidi afflussi turistici mitigati da timori pandemici, mi aggiro fra quei corridoi della memoria e degli affetti che sono le bancarelle dell’usato, e mi imbatto in questo concerto dell’Original Quartet di Ornette Coleman. Siamo ad Ottobre 1987 e, per quanto importi, sto per partire al servizio della patria. All’epoca, pur seguendo già il panorama del jazz, forse proprio il momento particolare non mi fece cogliere la “portata” dell’evento: a trenta anni da “The shape of jazz to come“, Ornette, Don Cherry, Charlie Haden e Billy Higgins, freschi della reunion immortalata sul doppio “In all languages” nel quale il sassofonista, con una delle sue trovate geniali, metteva a confronto il vecchio ed il nuovo, il quartetto originale e Prime Time con Jamaladeen Tacuma, il figlio Denardo, Ali Mc Dowell e Calvin Weston, salgono sul palco del NDR Jazzworkshop di Amburgo durante quello che sarebbe stato l’ultimo tour europeo del gruppo. Dopo avrebbero suonato ancora nel 1990 a Reggio Emilia, nell’ambito della tre giorni dedicata al sassofonista di Fort Worth, che comprendeva anche l’esecuzione per orchestra di “Skies of America”, mentre un concerto programmato a Los Angeles nel successivo settembre si sarebbe risolto in un’ esibizione in trio, a causa di un malore di Don Cherry. Nel doppio cd pubblicato postumo, nel 2011, dalla Domino records, quando due dei protagonisti, Cherry e Higgins, già erano scomparsi, è racchiusa tutta la forza e la sghemba magia di una musica arricchita dalle esperienze dei protagonisti e divenuta, col passare degli anni, una “forma” consolidata del jazz, ma ancora bruciante e vibrante come al momento della sua nascita. In scaletta versioni dilatate di composizioni tratte da “In all languages” come “Africa is the mirror of all colours“, “Word for bird“, con un assolo nello stile minimalista di Higgins, “Storytellers”, in cui il contrabbasso di Haden crea un silenzio assoluto, e poi “Peace warrios“, “Latin Genetics” e “Today yesterday and tomorrow“. Acccanto a recuperi dal passato: “The Sphinx” dal primo album di Coleman “Something else!“, con un lungo solo di violino, e la conclusiva “Turnaround” da “Tomorrow is the question“. Ed ancora due brani, l’iniziale “Chanting” derivante da “Virgin beauty“, per due trombe, ed una “Lonely woman” dalla partenza un po’ problematica, che mi piace sottolineare proprio perchè, con le loro imprecisioni, errori e traiettorie corrette in corso, rappresentano l’idea di musica che Ornette esprime dal libretto del disco: “La musica dovrebbe provare ad essere sincera come qualunque cosa abbia un significato, per chi la suona e per il pubblico. E più umana è, più ha significato”
Già nella precedente versione di Tracce di Jazz, purtroppo scomparsa dal web, avevo segnalato un enorme deposito di bootlegs di Ornette comparso quattro anni fa su Inconstant Sol. Si tratta di diciotto concerti nell’arco che va dal 1965 al 2007. Sono registrazioni in flac e sono tutt’ora scaricabili. Per tutti gli amanti di Ornette il link è : https://inconstantsol.blogspot.com/2016/07/ornette-coleman-wealth-of-roios.html
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