Il Bestiario

Tradizione vuole che quando un musicista proveniente dall’area colta, che si tratti di classica o jazz è indifferente, si avvicina alla forma canzone, questo incontro normalmente si sviluppa su canoni ben precisi: il solista interviene nel brano con un cameo, spesso ottimamente riuscito, che dà spolvero e prestigio al cantante di turno.

Nella canzone italiana lo abbiamo visto e verificato moltissime volte, basti pensare alla presenza di Danilo Rea in moltissimi album di Mina o a quella di Paolo Fresu nel disco Argilla di Ornella Vanoni. Completamente diverso invece il caso in cui dei musicisti di altra area partecipano con arrangiamenti e parti strumentali, quindi in maniera incisiva e preponderante, ad un album di canzoni, perdipiù con testi scritti da un poeta.

E’ il caso di questa esperienza più unica che rara che nel lontano e ribollente 1974 vide Maria Monti produrre un disco tanto diverso dai canoni conosciuti che ancora oggi lo si ascolta con immutato stupore. Si tratta di Il Bestiario, album che vede Alvin Curran alle tastiere e agli arrangiamenti, Steve Lacy al soprano, Roberto Laneri al sassofono, Luca Balbo e Steve Ackerman alle chitarre. Ai tempi Curran e Lacy gravitavano su Roma e facevano parte del collettivo Musica Elettronica Viva, ed in effetti la musica che si ascolta nell’album è un mix tra improvvisazione e melodie di stampo folk impreziosite dalla voce e dal recitato di Maria Monti. I testi, ora beffardi e scanzonati altrove ermetici e metaforici sono opera di Aldo Braibanti.

Come era logico aspettarsi l’album venne scoperto da un ristretto numero di appassionati e ben presto usci’ dalla produzione e dai negozi. Una casa discografica illuminata, la Holidays Records, nel 2017 ha deciso la ristampa in formato LP in sole 500 copie, con allegato il libricino dei testi. Difficile trovare anche questa ristampa, in soccorso dell’ascoltatore più avventuroso arrivano Spotify e il web.

Grazie al juke box svedese è infatti possibile ascoltare l’album, e con una piccola ricerca sulla rete, l’ascolto si può effettuare con i testi delle canzoni. Infine, sempre grazie a internet, si può reperire una guida all’ascolto. Sperando di avervi incuriosito quanto basta, eccovi il tutto:

Dieci canzoni, 47 minuti, nelle quali troviamo brani diversissimi.
Iniziamo alla grande con “Il pavone“, lentissimo, con tastiere immobili da un lato e Curran che fa borbottare mirabilmente le sue macchine dall’altro, mentre la Monti canta ieratica e la chitarra acustica di Luca Balbo punteggia il tutto.
“No no no no” risente (in positivo) dell’esperienze cabarettistiche della Monti, supportata da strumenti in grande libertà (Lacy cinguetta alla sua maniera, ma in apertura e chiusura del brano il tocco di Curran si fa sentire). Discorso simile per la vagamente gaberiana “Lo zoo” con il piano al centro del pezzo in una specie di ragtime libero e leggero infiocchettato anche lui dal sax di Lacy. Toni branduardiani per “I camaleonti“, con le chitarre acustiche in primo piano e tutta una serie di disturbi radiofonico-elettronici a sporcarne la filigrana, fino ad un inatteso finale cosmico. Con “La pecora crede di essere un cavallo” torniamo sul mood del brano di apertura: ritmi lentissimi, continuo borbottare di tastiere e chitarre psichedeliche per un brano che è un gioiellino di raffinatezza.

In chiusura i due brani più lunghi del disco. Prima gli otto minuti de “Il letargo“, pianoforte che fraseggia tra un silenzio e l’altro, chitarra che detta il ritmo placido, sax a sottolineare il tutto, atmosfera da prima luce dell’alba, che piano piano vede gli strumenti prendersi sempre più libertà, compresa qualche tastiera che emerge cammin facendo. Un brano dove l’equilibrio tra improvvisazione e scrittura ha del miracoloso (più un finale sardo-centrico a dir poco sorprendente).
Dura invece oltre 10 minuti “Aria, terra acqua, fuoco“, forse il capolavoro del disco: chitarra minimalista, pianoforte che mi ricorda quello di Battiato durante il famigerato periodo-Ricordi, il canto ancora una volta lento e allungatissimo, un non-ritornello a spezzare il brano nella canoniche quattro parti indicate dal titolo. Una stranissima canzone che non è una canzone ma è una canzone.

Relativamente più consueti gli arrangiamenti degli altri brani, ma sempre, come minimo, piacevoli e riusciti.

Fonte: https://abulqasim63.wordpress.com/

Testi : https://www.rockol.it/album-27629778/maria-monti-il-bestiario?refresh_ce

 

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