A chi si chiede cosa abbia ancora da offrire quel filone di world music che circa trenta anni fa trovò uno dei suoi elementi fondativi nel capolavoro di Fabrizio De Andrè “Creuza de ma”, è facile rispondere consigliando l’ascolto di questo recente cd dei Motus Laevus, trio di musicisti di provenienza o residenza ligure, che nella tradizione e nella cultura dei paesi affacciati sul Mare Mediterraneo continua a trovare ragioni più che consistenti per una frequentazione non priva di deviazioni in direzione jazz e prog. Edmondo Romano, compositore e sopranista oltrechè cultore di strumenti a fiati etnici, bazzica questi territori da molti anni, prima con i seminali Avarta e quindi con tante altre collaborazioni e produzioni in proprio, Tina Omerzo è una pianista di origini slovene con alle spalle studi classici e jazz (inclusi i seminari senesi con Stefano Battaglia), ed il terzo componente, Luca Falomi è un virtuoso della chitarra acustica impegnato in tante esperienze contemporanee unite dal filo rosso della musica popolare. La loro opera prima “Y” (Felmay”) si apre con un tradizionale della cultura greco/turca “Smirneka”, dalle caratteristiche cadenze disegnate dal clarinetto e ritmate dalle percussioni dell’ospite specialista di tamburi etnici Marco Fadda. E’ un inizio di grande suggestione, ma che non deve trarre in inganno perchè, con l’altra piccola eccezione di “Gream paralele” un traditional della Croazia che richiama altresì atmosfere celtiche, la cifra stilistica di Motus Laevus sembra risiedere in luoghi diversi da quelli della festosa danzabilità, con le narrazioni del pianoforte ed il canto di Tina Omerzo, le risonanti corde di Falomi ed i multiformi fiati di Romano concentrati nel dare vita ad una musica profonda, poetica e dalle mille nuances, fra le quali si avverte chiaramente anche l’anima del jazz. Come accade nella successiva “Nekaj je na tebi” su testo della poetessa Majca Malievac, una melodia che avvolge l’ascoltatore in una spirale malinconica intessuta dai tre strumenti e dalla voce della Omerzo, preludio ad un evocativo solo del pianoforte, o negli altri due brani a firma della pianista, “3 days ago“, dove il drammatico tema d’apertura confluisce in un dinamico groove supportato dalla batteria di Rodolfo Cervetto, e “A call for the winds”, condotta dal canto senza parole in una dimensione fiabesca. Ma nella stessa direzione punta anche “Novembre“, a firma di Falomi, struggente ed immaginifica, illuminata dal clarinetto e con un bruciante scambio strumentale nel finale, mentre la finale “Shanfara” è un vecchio brano di Romano qui riproposto in una nuova versione che agggiunge all’iterativo riff balcanico una sezione vocale e si conclude con un volo solitario del clarino. Una nuova rotta, più in profondità che in superficie, del continuo navigare per le strade del mare.
Motus Laevus – Y
