Sono passati quattro anni da questo mio sfogo (Garibaldi amava Anita) scritto sulla precedente versione di Tracce di Jazz ora non più nel web, ma che potete leggere più sotto in corsivo. Al tempo sollevò una piccola tempesta in un bicchiere d’acqua. L’oggetto della critica era un compact allegato al magazine per eccellenza del jazz italiano, e allora il responsabile della rivista non la prese affatto bene.
Come invece sottolineava Roberto Arcuri nel commento al post che potete leggere alla fine, la mia intenzione era tutt’altro che offesa gratuita, bensi’ uno sfogo impulsivo ed uno sbigottimento incredulo, proprio come un amante che scopre il tradimento.
Allora minacciavo l’abbandono del magazine, che leggo e custodisco da quando ero un ragazzo. Naturalmente non l’ho fatto, anzi, mi sono riabbonato. Non perché mi sia ricreduto, però se capitasse oggi un cd allegato di, che so, Gino Paoli, mi rassegnerei a lanciare il cd nel cassetto più lontano e pazienza.
Ormai probabilmente anch’io mi sono assuefatto all’andamento: Mika a Umbria Jazz, Giovanni Allevi a Sant’Anna Arresi e via farneticando, sono difficili da assimilare senza contraccolpi. Che sarà mai un cd più o meno discutibile allegato alla rivista.
Eppure.. eppure quello che allora sottointendevo gridando, oggi potrebbe essere di interesse comune. Chi sono i lettori di Musica Jazz ? Quanti sono, che età media hanno, quanti concerti vedono in un anno, quanti dischi (o Lp, o files in download) acquistano ? Anni fa la rivista fece un sondaggio in questo senso. Certo erano altri tempi, l’interesse verso la nostra musica era in crescendo, non c’erano pandemie, i direttori artistici dei principali festival erano al loro posto solo da vent’anni e in tv ogni tanto il programma Schegge proponeva frammenti di concerti.
Scenari che oggi paiono appartenere ad una società antica e dimenticata, ormai per musica si intende X Factor o il Festival di Sanremo. Peraltro a Sanremo, fatte le proporzioni, negli ultimi anni sono transitati più jazzisti che a Perugia. Già, Perugia, se cerco su Facebook il numero di persone che seguono Umbria Jazz non posso che rinfrancarmi: oltre 135mila like. E sono più di 60mila coloro a cui piace Musica Jazz. Si, incoraggiante, ma poi, quanti comperano la rivista? Quanti vanno ai concerti ? Quanti vorrebbero altre rubriche, cambierebbero quelle esistenti, implementerebbero o cancellerebbero pagine ? Bè, visto che sul web sono 60mila i like, si potrebbe organizzare un piccolo questionario in rete, giusto per capire chi siamo (sul dove andiamo per prudenza glisserei…).
Io, che ormai mi sono fatto la fama immeritata di talebano, chiederei ai lettori anche il gradimento sulla impostazione della rivista. Mi spiego: indubbiamente è ben scritto, ma vi piace Circus ? Pensate che sia una rubrica utile a richiamare potenziali lettori o è solo approfondimento in altro contesto? E’ possibile che in rete si leggano critiche e si pongano problemi di notevole importanza per la nostra musica ma che sulla rivista non vengono mai affrontati ?
Va bene, per oggi ho esaurito la mia carica di sognatore, spero solo che questa volta quello che scrivo venga vissuto come critica appassionata fatta con spirito costruttivo e non piovano contumelie o scomuniche. Dimenticavo: da allora, dopo il mio articolo, non sono più stato invitato a partecipare al Top Jazz. A loro insaputa immagino….

Lauzi cantava il jazz. Nessuna meraviglia. D’altronde negli ultimi anni i programmi dei festival jazz sono per metà costruiti attorno a cantanti pop e a gruppi rock. E’ tempo di prenderne atto e di fare dovuta autocritica.
Prima che intervenga qualche dotto e sapiente a ricordarmi le virtù indiscutibili del magazine e le sue pubblicazioni di indiscusso valore, solo quest’anno basti citare Paul Bley ed Eric Dolphy, ricordo pubblicamente la mia fedeltà quarantennale (avevo ancora i pantaloni corti) alla rivista. Ora però è lecito domandarsi a quale pubblico si rivolga un compact di Lauzi. Quello che mi viene in mente è lungodegente in Case di Riposo, a maggioranza dotato di cornetto acustico. Può darsi che mi sono perso qualcosa strada facendo ma la fantasia non mi viene in soccorso se non abbinando il compact a Sorrisi e Canzoni.
Ne deriva che mi sento minoranza pulviscolare in un settore già insignificante di suo. Non capisco ma prontamente mi adeguo. Solo, ecco, mi si consenta, come diceva un politico di qualche eone fa, è ormai giunto il tempo di abbandonare letture sempre meno gratificanti . Anche se la foto qui sopra raccoglie 91 Like e 12 condivisioni (ma chi caspita saranno costoro ?) su Facebook in meno di una giornata, rivendico il diritto di scuotere mestamente la testa mentre comunque canticchio fedelmente “Garibaldi amava Anita…..”.

«a quale pubblico si rivolge un compact di Lauzi»?
E’ una domanda veramente interessante, e fondamentale perno centrale di una possibile discussione costruttiva tra fruitori ed informatori (e magari musicisti) che, probabilmente, mai ci sarà.
Perché nessuno ponendosi un tale quesito mette in dubbio «le virtù indiscutibili del magazine e le sue pubblicazioni di indiscusso valore» né, tantomeno, incita al tradimento della fedeltà dei lettori ma, semplicemente, si interroga su una scelta che è, innegabilmente, un dato di fatto e che è solo la punta più evidente di una nuova e consistente strategia di allargare la base (in cui inserisco anche l’ottimo Circus) ma in maniera un po’ banale e comunque poco rispettosa di quella quota di lettori che questa fedeltà l’ha costruita/sostenuta negli anni.
Ma poi, Virtù e Fedeltà sono gli stessi aggettivi che si usavano una volta nei rapporti e che potrebbero caratterizzare anche una relazione statica, ma dove sono la passione, la curiosità, la complicità, la sensualità? Dov’è la scoperta, l’emozione, dov’è il giramento di testa?
(…) a quale pubblico si rivolge «oggi» un compact di Lauzi e la rivista che lo veicola? A quello che tiene in piedi un matrimonio perché dal 2012 al 2015 è andato tutto bene o a quello che ancora adesso vuole sentir battere il cuore?
«Ne deriva che mi sento minoranza pulviscolare in un settore già insignificante di suo», […] e che «è ormai giunto il tempo di abbandonare letture sempre meno gratificanti».
Et voilà… non avrei saputo dirlo meglio. C’è assenza di giudizio in questo post, nessuna offesa gratuita, nemmeno un urlo o una porta sbattuta. C’è solo un amore tradito (faccio mie le tue parole per spiegare almeno quello che provo io), e spiegare potrebbe anche essere utile, ma forse è pure troppo tardi…(Roberto Arcuri)
I ‘like’ di Facebook vogliono dire tutto e niente (più spesso quest’ultima): non comportano nessun impegno, nessuna scelta meditata e consapevole. L’impostazione di una rivista (tra l’altro di fatto l’unica in Italia a coprire il settore) la si calibra con i dati di diffusione alla mano, e soprattutto con qualche sondaggio tra i lettori. Anch’io sono lettore di lunga pezza, ed avrei molte cose da dire… ma ‘non c’è alternativa’. La qualità delle proposte cd è nettamente migliorata dai tempi delle celebrazioni di Lauzi (legittime ed opportune, per carità, ma al Club Tenco) e coprono materiali trascurati dalle poche label che ancora si occupano di jazz. Una grave deficienza è invece la totale mancanza di copertura della scena live (ben altrimenti seguita in anni lontani), lacuna particolarmente grave considerata la situazione comatosa del settore discografico, liquido o solido che sia. Eccessivo anche lo spazio concesso ad interviste in cui emerge soprattutto chi sa crearsi un personaggio. L’attrattiva maggiore del magazine per me è costituita dai ‘dossier monografici’, utili a tutti, neofiti e veterani: certo, si tratta di lavoro editoriale impegnativo, ma che ha il pregio di poter esser programmato con calma ed in linea con la periodicità molto ampia delle uscite (di recente piuttosto irregolari). Avevo sperato nel sito web, aspettative però sinora andate deluse…. Milton56
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