Come sta cambiando il pubblico del jazz? Quali azioni prevedi per il futuro?
“Ma sta cambiando il pubblico del Jazz ? Non saprei. Per me il “pubblico del Jazz” è sempre quello, solo sta diventando gradualmente più attempato, in un equilibrio sempre difficile tra nostalgia e voglia di scoprire qualcosa di nuovo, che poi è nuovo solo per loro e non in assoluto, a piccoli passetti. Esiste poi un pubblico diverso, più giovane e generalista che frequenta e ascolta cose diverse, in modo a volte consapevole ma più frequentemente in modo del tutto casuale, che fa associazioni campate in aria e che spesso scopre l’acqua calda perché non conosce la storia. E’ l’insidia del mondo digitale e della web-fiducia. Strumenti questi di indubbio potenziale ma che vanno governati in modo utile e saggio, sennò diventano un coltello affilato nelle mani di un bambino. L’unica azione possibile per rimettere al centro la musica come anello del DNA collettivo, piuttosto che come ulteriore articolo di consumo è, scusate la banalità, la scuola e chi amministra la cultura. Siamo passati bruscamente dalla cultura statalista (che però aveva un peso oggi inimmaginabile) al drive inn del liberismo e delle tre “i” Berlusconiane. Se ci sono ancora nei quadri intellettuali e politici figure di un certo profilo, di sensibilità e deontologia, questo è il momento per ristabilire i parametri. Altrimenti, come per il clima, ci troveremo in un batter d’occhio in una fase irreversibile”.
Roberto Ottaviano (fonte: https://italiajazz.it/comunicati/il-presidente-di-i-jazz-intervista-i-direttori-artistici-la-parola-roberto-ottaviano?fbclid=IwAR2Hc21J2dyX2audr1SqcZhLIg2C3dksUINfUT6z9zVL5386U2gHDbAUWCk)

Non c’è nulla che non vada nel jazz – davvero – ma oggi i suoi amanti un po’ snob sono al massimo una mezza dozzina. Quelli che hanno meno di cinquant’anni e ascoltano solamente jazz sono probabilmente invasati o snob. Le persone normali sono cresciute ascoltando gli Stones, i Sex Pistols, Elton John, i Nirvana, la Motown, il soul, i Public Enemy o i Beatles. E con buona probabilità li ascoltano ancora.
Kevin Burton Smith
Fonte: https://www.musicajazz.it/crime-jazz-nei-gialli-un-falso…/
Ottaviano coglie bene la domanda e da una risposta assennata e condivisibile. Difficile che un 50/60enne sia aperto a nuove sonorità e a nuovi protagonisti, a meno naturalmente, che non ricalchino un passato al quale è affettivamente legato. Ho cari amici della mia generazione che un paio di volte l’anno sollevano il coperchio impolverato del loro giradischi per mettere sul piatto gli stessi album che ascoltavano da ragazzi e sono totalmente chiusi a qualsiasi altra musica. Rimane il grosso e al momento insoluto problema che nei concerti jazz il colore dei capelli prevalente è il bianco, anche se, per fortuna, nei piccoli festival di provincia la situazione è molto più variegata.

Ho felicemente passato il traguardo dei sessant’anni convinto di essere “normale”, ho ascoltato di tutto, soul, r&b, r&r, Beatles & Stones. Continuo ad ascoltare senza confini e barriere, ovviamente classica compresa, ma la musica che meglio mi rappresenta è e rimane il jazz. Ebbene si, sono uno della sporca mezza dozzina, invasato e snob, anche se ho varcato da molto il traguardo dei 50. L’affermazione di Burton Smith rappresenta purtroppo il quadro generalista dei gusti di massa standardizzati da tutti i tipi di media. Ma comunque, leggendo i nomi che fa lo scrittore, va detto che anch’essi sono limitati, rappresentano i gusti della sua generazione, non certo dei più giovani che difficilmente conoscono la Motown o i Sex Pistols e che, di conseguenza, potrebbero dare allo stesso Burton Smith dell’invasato e del subnormale. E adesso, se c’è un dottore in ascolto o in lettura vorrei un consulto. Se mi trova “normale” può sempre dare una occhiata all’amico Kevin….