Leggendo i pochi magazine di jazz che ancora esistono, non posso fare a meno di notare fino a che punto la “correttezza politica” impedisce di leggere qualsiasi critica reale. Ogni mese, scopriamo le recensioni ampiamente positive di una cinquantina di album, o anche di più. I musicisti ne sono soddisfatti. Il minimo appunto sul loro lavoro provoca una immediata profonda rabbia. Va tutto bene tra loro e i giornalisti se questi ultimi si limitano a lisciare il pelo, ed il loro talento non viene messo in discussione. L’appassionato di jazz che cerca informazioni, per acquistare un album che possa piacergli è spesso meno contento. Come scegliere quando quasi tutti i dischi che gli vengono presentati hanno buone recensioni?
Esistono ancora i dischi da evitare? Ne dubitiamo leggendo i nostri giornali di jazz, e anche questo blog che mette in luce dischi buoni e ne ignora altri, scelta qualitativa che implica che alcuni di essi sono quindi meno interessanti . Secondo alcuni tutto è questione di gusti, soggettività pura che rende impossibile qualsiasi discussione. Non esiste musica buona o cattiva. Ci piace questo disco perché parla della tua sensibilità; non ci piace un altro perché è troppo lontano dalla tua estetica. Ma il gusto si affina attraverso l’esperienza, l’ascolto e soprattutto la cultura. Non muovere critiche è non rendere un servizio al musicista che, rafforzato nel suo ego, difficilmente potrà portare avanti il suo lavoro. All’interno della redazione, le cronache delle novità e delle riedizioni sono affidate a chi più sa apprezzarle. Normale, perché è sempre meglio difendere un album che parlarne male. Sfortunatamente per il lettore, il giudizio positivo che esprime l’editorialista è spesso lontano dal riflettere il reale valore musicale del disco che sta commentando. Senza voler provocare nuove battaglie di religione, credo che sarebbe bene moltiplicare i dibattiti, gli spazi di discussione, i “pro e contro” sui dischi che dividono i giornalisti (ce ne sono molti ) per illuminare l’amante del jazz sulla musica che cambia, si muove, digerisce nuove esperienze senza sapere veramente dove sta andando. Perso, incapace di farsi una vera opinione leggendo blog, e magazine che sanno solo incensare.
Fonte: Blogdechoc, marzo 2017
E’ tutto vero; però chi scrive di musica e compra i dischi, vorrei precisare che difficilmente ne acquista di poco significativi o poco interessanti. Il giornalismo compiacente è cosa vecchia, in ogni caso.
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