Sabato 23 febbraio, giorno del novantesimo compleanno del celebre fisarmonicista Gianni Coscia, ho trovato, su quella che può essere definita una bancarella dell’usato, il suo cd “La Bancarella“, registrato con l’altrettanto celebre trombonista Dino Piana, il vibrafonista Andrea Dulbecco ed il contrabbassista Ezio Pietropaoli, e pubblicato una decina di anni fa da Egea. Un lavoro costruito dal suo autore, appunto, come un banchetto di un immaginario mercatino di antiquariato, dove esporre, rivisitate ed adattate al quartetto, vecchie composizioni risalenti in gran parte ai primi anni ’60 e presentate nel programma radiofonico e concorso artistico “La Coppa del Jazz” della Rai “quando Dino Piana li suonò fra la meraviglia generale, perchè era il primo trombonista italiano che improvvisava” – chiosa Coscia. Il quale figurava come autore ed arrangiatore di alcuni brani del Quintetto di Torino, la formazione in cui Piana, al fianco di Gianni Dosio, Enrco Desià, Nando Amedeo e Franco Tonani, si mise in luce 24 enne, tenendo testa al gruppo di Gil Cuppini.

Alla competizione, nata da una iniziativa di Piero Vivarelli e Vittorio Zivelli, si iscrissero oltre ottanta complessi, fra dilettanti e professionisti, e sedici superarono la selezione per sfidarsi a coppie secondo un calendario tipo torneo sportivo. Il programma, prima trasmissione radio dedicata al jazz, fu ripetuto per due anni, nel 1961 e nel 1962.
In quella prima prima edizione il Quintetto di Torino si classificò al secondo posto dietro al gruppo vincitore il Gil Cuppini Quartet. I brani in concorso, insieme a quelli dei semifinalisti, Enrico Intra Trio e Modern Jazz Gang, sono oggi reperibili su un cd della serie Via Asiago 10 della Twilight music pubblicato nel 2009. Del tutto superflui i commenti ed i paragoni con lo spazio dedicato al jazz dalla Rai del nuovo millennio.

Nella sua “Bancarella” Coscia ha portato quattro composizioni di quel periodo più una recente, che viaggiano a meraviglia grazie all’originale e raffinato impasto timbrico creato da fisarmonica, trombone e vibrafono, sostenuti ottimamente dal walking del contrabbasso. Le atmosfere del disco oscillano fra le dinamiche gentili della “Ballata per quintetto ” e “Passeggiata per quintetto“, il tributo a Stan Kenton unito ad un arrangiamento di Sweet Georgia Brown che diventa “Tributo a Giorgia Brown” chiusa da una piccola citazione ironica che non sveliamo, e l’equilibrio “acquatico” della “Serenissima“, l’oggetto più antico, scritto da Coscia ancora studente ed eseguito al Circolo culturale dei cittadini veneziani residenti a Genova nel 1953. E’ un vero piacere seguire i dialoghi e gli intrecci strumentali che serpeggiano in queste lunghe tracce, le estatiche souplesse e le swinganti discese, lasciandosi trasportare nel tempo e in una musica tanto minimale quanto coinvolgente. Il brano che prendiamo in mano per ultimo è invece il più recente (1994) ed è una dedica alla figlia Claudia nel giorno della laurea. Si intitola “Un mattino di Maggio“, e fra i suoi cieli melodici e cinematografici sembra davvero di sentire sulla pelle i raggi di un sole primaverile, timido, ma già caldo. L’ultima coincidenza di questa piccola storia di modernariato sono le righe finali delle note di copertina che Coscia dedica al nipote Tommaso, all’epoca del disco appena nato. “Mi piacerebbe che, tra moltissimi anni, in qualche remota località, su una bancarella, anche soltanto immaginaria, rinvenisse questo cd e lo riascoltasse con affetto“.
Chissà sa a Tommaso è già capitato come a me.
C’era una volta la RAI che insegnava a leggere e scrivere in italiano a centinaia di migliaia di italiani dimenticati. Adesso abbiamo quella che vorrebbe arruolare centinaia di mercenari dell’applauso per Sanremo, nel bel mezzo di una pestilenza che ha azzerato totalmente la cultura. Circostanza che si commenta da sè…….Milton56
"Mi piace"Piace a 1 persona