No, non si parla di musicisti (una volta tanto…), ma proprio di noi, noi che lo ascoltiamo (o lo ascoltavamo?), quella sparuta e trascurabile pattuglia che però tiene in piedi tutto il gioco. Negli ultimi giorni mi sono imbattuto in un paio di spigolature di cronaca che affrontano l’argomento in maniera originale. E rincuorano anche un po’, che di questi tempi non guasta.
La prima è una seriosissima (ed anche un tantino pedante…) ricerca condotta da un team di studiosi che ha passato al setaccio la piattaforma statunitense Reddit, una cosetta da 520 milioni e passa di utenti mensili: praticamente una gigantesca bacheca dove vengono pubblicati posts, oggetto poi di numerosi commenti e voti pro o contro degli iscritti. Ovviamente Reddit ha una sottoarea dove si ‘incontrano’ gli utenti interessati alla musica, a loro volta raggruppati per genere musicale d’interesse. I ricercatori hanno condotto un’indagine di tipo quasi filologico, cercando di individuare attraverso parole ed espressioni chiave l’atteggiamento delle varie tribù di musicofili nei confronti del loro oggetto di affezione. Ebbene, ecco il sorprendente risultato: i jazzofili sono la tribù più ‘felice’ con la loro musica, dal momento che su 100 commenti ben 77 contengono parole ed espressioni positive e di apprezzamento. Seguono ad una certa distanza i ‘metallari’ (62% di commenti positivi), e terzi distaccati di parecchie lunghezze (56%) i melomani dell’opera. Naturalmente l’indagine è alquanto ‘localizzata’ e riflette molto la realtà sociale e culturale del mondo anglosassone. Fortunatamente i software del team di ricerca non hanno ‘dragato’ certe pagine web, o peggio Facebook, delle nostre parti: i risultati sarebbero stati probabilmente diversi, ma essenzialmente a causa di un pugno di ego debordanti e presenzialisti, peraltro scarsamente rappresentativi del popolo del jazz italiano che si vede (o vedeva…) nei concerti nostrani.

Nessuna inchiesta americana può dirsi completa senza la ponderata valutazione dello psicologo di prammatica: ed infatti ecco la dott.ssa Şirin Atçeken che commenta: “Il Jazz e l’Heavy Metal sono ‘emotivi’ (sic!) e consentono di esprimere le nostre emozioni mentre ascoltiamo, anche se sono due estremi” (bontà sua..).
Ma c’è di più: “Il Jazz ha una grande funzione di abbattimento dello stress, e determina effetti positivi. Esso trasforma fisicamente il corpo, abbassa il battito cardiaco e le pulsazioni (ehm…..), e ci induce una sensazione di calma e relax” (in segno di gratitudine, invieremo alla dottoressa un box antologico di Albert Ayler). Ma c’è dell’altro: “Precedenti ricerche rivelano che l’effetto rilassante della musica jazz può avere un effetto salutare, migliorando la memoria verbale, la concentrazione e l’umore”.
Per fortuna ho letto in tempo queste notazioni. Stavo infatti per inoltrare queste interessanti acquisizioni scientifiche all’on.Franceschini, figura ministeriale di rara compostezza e sobrietà in un panorama viceversa di rumoroso protagonismo mediatico, spesso ci si dimentica persino che esista un Ministero della Cultura (paziente in coma farmacologico ormai da un anno). Adesso potrò evitare di sottrarlo alle assorbenti cure delle questioni condominiali di Via del Nazareno, trasmettendo il tutto per competenza al suo collega della Sanità on.Speranza (nomen omen….).

Ma ritorniamo alla modalità seriosa della ricercatrice americana. “Il Jazz ed il Metal hanno una notoria attitudine a favorire la crescita di comunità (…). Le persone che ascoltano questi generi hanno più probabilità di creare terreno comune con altri ascoltatori e di diventare parte della comunità. Queste comunità offrono gentilezza, relazionalità ed amicizia, ed uno spazio in cui condividere sentimenti, idee e semplicemente un posto sicuro in cui stare (immodestamente, è quello che tentiamo di fare qui da qualche anno…). Questo supporto aumenta la felicità, la positività e sentimenti di affetto e di accettazione”.
Eureka! Sotto questo aspetto abbiamo trovato una prova del nove alle nostre latitudini. Tanto per cambiare, ancora una volta ce la offre Franco D’Andrea, un ottantenne di sicuro avvenire (a proposito, recuperate nei commenti il link al podcast del suo concerto trasmesso lunedì sera da RadioTre…..). Nella sua intervista a ‘La Lettura’ di qualche giorno fa si legge questo: “Trovo fantastico che ovunque vai nel mondo trovi appassionati di jazz, che formano una comunità solidissima alla quale non interessa se sei bianco, nero, giallo… Il jazz unisce. Mai avuto problemi. Ovunque andassi finivo in una specie di bolla piena di amanti di jazz che sono uguali in tutto il mondo. Il cuore è lì. Quando si parla di jazz con chi lo ama, di colpo svanisce tutto”
Se lo dice uno che da più di sessant’anni gira il mondo con questa musica, il minimo che possiamo fare noi è crederci e tenerla in vita, questa ‘Internazionale del Jazz’. Soprattutto in questi giorni di feroci e ciechi egoismi. Milton56
P.S.: a scanso di accuse di settaria faziosità, il resoconto sulla ricerca è comparso sul sito ‘Classic FM’ (è anche una radio)
Ed a proposito di gioia e di condivisione nella musica, il grande Erroll Garner all’apice della notorietà e del successo si innamora del brano di un giovane pianista, apparentemente le mille miglia lontano da lui e dal suo mondo. E’ ‘Watermelon man’ di Herbie Hancock….. spopolò nelle mani di tutti e due..