BERTRAND TAVERNIER, 1941 – 2021 (…maledetto)

A Bernard Tavernier siamo debitori di tanto grande cinema. ‘Che la Festa cominci’, ‘Colpo di spugna’, ‘L’Orologiaio di St.Paul’, ‘Una Domenica in campagna’, ed altro. Mi dispiace per chi per ragioni anagrafiche ha mancato questi grandi appuntamenti in sala: temo che oggi non sarà molto facile metter le mani su questi piccoli grandi film, in barba alla straripante offerta di tante altre banalità.

Ma da queste parti lui è e sarà sempre il regista di ‘Round Midnight’……

L’ “Albero”: parole da meditare anche oggi

Ci sono film che hanno usato il jazz (alcuni da dimenticare).

Ci sono film che hanno parlato del jazz (molti, ma molti meno).

Questo invece è il film DEL jazz.

Semplicemente c’è tutto.

La musica, certo: “quell’ora di divertimento sul palco ve la regaliamo. Voi pagate le dieci ore di pulman di prima” (Duke Ellington). E infatti Tavernier ci mostra le squallide camerette degli alberghi di terz’ordine, i risvegli a mezzogiorno con in bocca l’amaro dell’alcol e del fumo, i pochi soldi che ti sfilano dalle mani, “per il tuo bene” naturalmente.  

Cliccare, prego. Altrimenti non si capisce……

Anche quelli che lo ascoltano come una ragione di vita: il ragazzo padre Francis, che aggiunge ad una vita già difficile la caparbia volontà di strappare alle onde di una deriva autodistruttiva il Dale Turner di Dexter Gordon. Una favola romantica? Nient’affatto, Francis esiste veramente, è il Paudras che ha regalato a Bud Powell gli ultimi mesi di serenità a Parigi, prima dell’ultimo, fatale ritorno a New York.

“Ma tu non smetti mai!!”. “Solo perchè sinora non l’ho promesso a qualcuno…”

Ma il miracolo del film è la trasfigurazione del pianista nel sassofonista Turner ad opera di uno straordinario Dexter Gordon, che riesce a non farci mai capire quando recita da absolute beginner e quando è semplicemente sé stesso, evocando i suoi lunghi anni con la ‘scimmia’, la fuga in Europa, che per lui però fu vero e duraturo approdo di salvezza, al contrario di Powell. Forse anche perché al gran borghese Gordon riuscì di spendere bene gli ultimi spiccioli di ironico, elegante charme che lo salvarono. E che risplendono nella bellissima scena in cui Francis porta Gordon a pranzo dai suoi anziani genitori che vivono nella profonda provincia francese: l’aggraziato, miracoloso minuetto in cui due mondi infinitamente distanti riescono per un attimo ad andare al tempo della stessa musica.

Ma la camera sinuosa di Tavernier riesce anche a rimandarci straordinarie istantanee degli altri grandi comprimari del film, che ne vengono in qualche modo rivelati nella loro essenza umana più profonda, quasi loro malgrado (è il caso di Herbie Hancock….). Di fronte a questa specie di jam session in celluloide non si può non pensare che i Godard, i Truffaut e gli altri copains della Nouvelle Vague hanno lasciato segni profondi anche a distanza di oltre vent’anni.

La domanda è: manca forse qualcuno?

Incredibilmente questa avventura tutta francese approda all’Academy che gli assegna l’Oscar 1987 per la migliore colonna sonora. Il debuttante assoluto Gordon arriva a sfiorare la statuetta per il miglior attore protagonista. Ma per lui c’era in serbo qualcosa di meglio. Una telefonata: “Erano anni che non vedevo un film che mi insegnasse qualcosa sulla recitazione”. Dall’altra parte del filo è Marlon Brando che parla. Milton56

Alla musica del film non bastava un solo disco: ecco il secondo……..

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