Luigi Bonafede – Lokas

Ero alla ricerca di una definizione sintetica per questo nuovo cd di Luigi Bonafede pubblicato da Caligola Records ed, inaspettatamente, l’ho trovata in un commento del collega Milton56, espresso a proposito della musica adatta a questo momento di rinascita dei concerti : “occorre una musica con salde radici e con potenti valenze espressive ed emotive“. Perfetta. In “Lokas” il pianista piemontese, emerso sulla scena nazionale a metà anni settanta tramite le collaborazioni con Larry Nocella e Massimo Urbani, e titolare di una lunga carriera come sideman e leader di propri gruppi, utilizza con agilità ed efficacia la sintassi di un jazz profondamente radicato nella tradizione del bop, caratterizzato, nella costruzione delle composizioni e nei ruoli dei componenti il suo quintetto, da una espressività sempre in primo piano. Musica che potrebbe arrivare da qualsiasi periodo storico dagli anni ’50 in poi, ma che mantiene un suo marchio distintivo grazie al multiforme pianoforte del leader, ai saxes soprano ed alto di Gaspare Pasini alla tumultuosa sezione rimtica di Marco Vaggi al contrabbasso e Ferdinando Faraò alla batteria, e dalla voce di Dawn Mitchell, cantante di origine caraibica spesso presente in Italia, che rappresenta il vero e proprio quinto strumento in azione. Capace di far “suonare” melodie spigolose come quelle di “Balance“, assumere toni declamatori ( “Curse of Pan”), swingare a ritmi sostenuti (“Flash”, “Looking around“) come di sfiorare i territori dello Spiritual (“Silently” ) e regalare nelle ballads atmosfere ricche di pathos (“Wake up”, “She“). Le nove composizioni originali del disco, dedicato alla cantante Anna Lokas, scomparsa sei anni fa e protagonista in diverse formazioni in area piemontese, sebbene tutte strutturate sulla vocalità bluesy della Mitchell, riservano ampi spazi strumentali ed improvvisati, come l’esteso sviluppo di “Flash“, innescato da un suggestivo solo del pianoforte, il volo del sassofono e l’utilizzo di una discreta elettronica su “Curse of Pan“, l’esuberante carica ritmico- armonica latin di “Running on my way” o la distesa narrazione strumentale della title track, nella quale sono in evidenza sax e pianoforte . Piuttosto che descrivere la temperie delle singole composizioni, però, una volta tanto, viene spontaneo sottolineare la qualità complessiva dei brani nel segno di una “sostanza” musicale densa e stratificata in cui raramente è dato di imbattersi. Qui tutti suonano al meglio, con grande trasporto ed al servizio del collettivo. E tornare ad ascoltare rinnova il piacere della scoperta.

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