“OUT TO DINNER” – Play On – Posi-Tone Records
Secondo episodio per Posi-Tone Records di una band che ha scelto un nome assai impegnativo visto che cita scopertamente uno degli album più iconici della storia del jazz, quell’”Out To Lunch” (Blue Note, 1964) che ogni amante della musica afroamericana custodisce amorevolmente al centro delle proprie collezioni.

E dunque “Play On” s’ispira idealmente, e nell’ensemble strumentistico, al capolavoro di Eric Dolphy & C. ma cammina decisamente sulle proprie gambe, si compone di 11 originals ben ripartiti tra i componenti del combo e offre due inserimenti dal passato: nulla dal songbook di Dolphy ma brillanti rivisitazioni di “Short Count” di Lee Morgan e “Visions” di Stevie Wonder, autore sempre più amato dai migliori jazzmen d’oltreoceano, tanto che la Posi-Tone aveva già coinvolto il proprio roster di artisti in un calibrato omaggio a Wonder e proprio in questa “Jazz Celebration” avevamo avuto modo di ascoltare per la prima volta questa versione.
I componenti degli “Out To Dinner”, a livello di popolarità, non possono essere considerati di prima fascia ai nostri provincialissimi lidi ma ciò che conta è il risultato che questo gruppo coeso raggiunge, visto che per usare una metafora fa mangiare la polvere a tante celebrate stelle, di fatto il jazz prodotto dall’ottimo vibrafonista del New Jersey Behn Gillace, dagli emergenti Giveton Gelin, trombettista, e Nicole Glover, sax tenore, supportati dal contrabbassista russo Boris Kozlov, attualmente direttore musicale della Mingus Big Band, e dal ricercato Donald Edwards alla batteria, funziona a meraviglia e “Play On” è uno di quei dischi che migliora ascolto dopo ascolto. Trasuda passione, passione essenziale.
Le idee fluiscono fresche per tutto l’album ed è avvertibile un certo grado di rischio calcolato in tutti gli assoli, sempre coerenti e spesso giocati sull’incrocio tra i fiati e le lamelle di Gillace, in Bobby Hutcherson-style. Le melodie piuttosto immediate (“Into The Shadows”, “The Dream”) s’innestano su tese ed avanzate strutture post-boppistiche ed arrangiamenti raffinati, dalle sottili tessiture, in cui l’avanguardia d’un tempo pare palesarsi ora come un’eco lontana, stratificata da decenni di stilemi incrociati e sovrapposti.
Tempo d’uscire per cena, se Dio vuole!, qui c’è un menu newyorkese notevole, da esplorare con grande fiducia, se amate le cucine che sfornano puro jazz. (Courtesy of AudioReview)