Greg Lamy – Observe the silence

Ecco un disco che potrebbe piacere a tutti gli appassionati di chitarra, e non solo a loro. Greg Lamy, nativo di New Orleans, già allievo di Mick Goodrick alla Berklee ed attivo principalmente in Europa fra Belgio, Francia e Lussemburgo, con collaborazioni, fra gli altri, con Lionel Loueke e con Flavio Boltro, si affida in questo cd alla formula del trio, dopo una nutrita discografia alimentata dal suo quartetto composto da Jean-Marc Robin alla batteria, Johannes Mueller al sax e Gautier Laurent al basso. Stessi compagni di viaggio, tranne il sassofonista e con l’ospite Bojan Zulfikarpašić alle tastiere in tre brani, “Observe the silence” (pubblicato dalla belga igloo records) colpisce fin dal primo ascolto per due caratteristiche: il fraseggio sciolto e versatile del leader e l’eterogeneità delle composizioni. Sul primo aspetto non si può fare a meno di chiamare in causa il “solito” Pat Metheny, sodale di Goodrick agli esordi nella band di Gary Burton nei primi ann settanta: il senso di spazialità degli assoli , la sottile vena blues, un’espressivita che sa tradurre i dialoghi e le frasi in emozioni.Come compositore Lamy ama spaziare fra atmosfere e stili diversi: si inizia con un brano piuttosto informale (“And i told you“) incentrato sull’effetto delay della chitarra, per virare subito, in “My dearest“, verso una accattivante melodia sostenuta da un ostinato del basso, non troppo distante da molte scritte dal chitarrista del Missouri. Quindi un arrembante groove multistrato per l’episodio più funky e “danzabile” (“I know“), una ballad mid tempo nella quale chitarra e contrabbasso viaggiano paralleli per poi scambiarsi i ruoli solisti (“The day is over“), e le impennate elettriche di “Morphine” che richiamano esempi illustri di fusione fra jazz e rock, anche grazie al piano elettrico di Bojan Z.

La varietà prosegue, quindi, con un il virtuosistico riff e le progressioni di “That’s where it all began“, la lirica dedica di “Mothers”, dove compare anche un pianoforte acustico, per chiudere con il sipario intimista ed introverso della title track, una soundtrack per climi plumbei ed umori riflessivi.

Un disco dai tanti sapori, servito con gusto e raffinata maniera, mantenendo un equilibrio apprezzabile fra qualità e piacevolezza. Adatto come cocktail per queste sere d’inizio estate, magari quelle di tregua dagli impegni calcistici televisivi.

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