Trentino in jazz, isola felice fra le valli.

I lettori di queste pagine sono abituati alle nostre crociate contro i festival che dietro alla sigla “jazz” spesso avanzano proposte che poco hanno a che fare con l’amato genere. Per dovere di corretta informazione e condivisione nella platea di appassionati, riteniamo altrettanto giusto ed opportuno segnalare i casi, per fortuna ancora esistenti, anche se da scovare con pertinacia, o magari grazie al caso, di iniziative che si muovono libere e creative alla ricerca di reali segnali di vita dall’universo jazz. Trentino in jazz è uno di questi, e, divenuto da una decina d’anni una sorta di federazione di vari festivals decentrati sul territorio, è una realtà consolidata, che grazie al lavoro di uno staff di appassionati volontari e con il supporto di Enti pubblici e sponsor sensibili, riesce a mettere in piedi un cartellone di grande interesse, esteso da Giugno a Dicembre, con un occhio particolare ai musicisti della regione ed alle locations scelte per gli spettacoli, paesi e luoghi che meritano la scoperta. Da poco si è conclusa la edizione 2021 di Valli del noce jazz, uno degli otto festival in rete, coordinato da Chiara Biondani e Massimo Faes, con otto concerti ospitati in diversi paesi da metà luglio, con un incremento di due date rispetto allo scorso anno e sulla via del ritorno al formato delle edizioni precedenti. Un programma che ha visto le esibizioni di Gaia Quatro, Tommaso Peruzzi Trio, Francesco Zampini Quintet, Stef Giordi &Connected e Stefano Colpi Open Atrio ed un laboratorio di musica improvvisata tenuto da Carlo Cattaneo. Per le casualità di cui sopra, ho avuto modo di assistere alle ultime due date del festival, protagonisti il trio diretto da Alberto Gurrisi con Alessandro Usai e Roberto Paglieri, ed il quartetto di Gianmarco Scaglia e Paul Wertico con Simone Gubbiotti e Mirko Pedrotti.

Il progetto di Gurrisi, ospitato nella suggestiva cornice del Santuario di San Romedio a Sanzeno, un insieme di cappelle votive costruite piramidalmente su un precipizio di circa 100 metri, è un’affettuosa dedica a Franco Cerri, maestro dei tre musicisti, oggi ritirato dalle scene per motivi di età, a 95 anni, ma con una storia che merita tutto l’affetto e l’attenzione che il concerto ha tributato. Composizioni originali, rivisitazioni delle grandi passioni di Cerri, dal blues alla bozza nova allo swing, con brani celebri come ‘Bye Bye baby”o “ Donna”, a costruire una catena storica che, partendo da Gorni Kramer, e dalla sua scoperta del chitarrista milanese, arriva ai musicisti in azione, entusiasti di suonare e raccontare il “proprio”Franco Cerri. Una proposta raffinata e mai sopra le righe, nel più classico stile dell’hammond trio, con parti soliste equamente ripartite, che hanno evidenziato il feeling positivo fra i tre protagonisti. A breve “Caro Franco” sarà disponibile prima in digitale e quindi in formato fisico. Da consegnare direttamente al Maestro.

Gurrisi, Paglieri, Usai

Per il quartetto Scaglia/Wertico, ed il progetto “Dynamics in meditation” ospite a Denno, auditorium comunale causa timori per il meteo, si è trattato del vero e proprio esordio live del cd pubblicato nell’aprile 2020 per Challenge record, che contiene materiale composto dal contrabbassista piacentino. Apparentemente, le dinamiche del quartetto si basano sul dialogo fra gli strumenti a percussione – la tumultuosa batteria ed i fragorosi piatti di Wertico, per anni batterista del Pat Metheny Group, e l’agile vibrafono di Pedrotti- e le corde del leader e della chitarra di Gubbiotti, responsabili rispettivamente degli elementi strutturali ed atmosferici delle composizioni. Poi, però, nel corso del concerto le carte si mescolano ed i ruoli si scambiano, con Scaglia che modella implacabili groove su cui la musica evolve gradualmente, la chitarra che guadagna spessore e varietà, e Wertico e Pedrotti all’occorrenza essenziali e prodighi di sfumature. Musica in felice equilibrio fra struttura ed improvvisazione, che si mantiene per tutta la durata del concerto viva ed interessante, e beneficia di una palpabile carica dei protagonisti per il ritorno sulle scene dopo lungo tempo. Non mancano le parti soliste e vanno segnalate quella di Pedrotti, costruita su un loop iterativo sviluppato con creatività in continua variazione, e le due dell’infaticabile Wertico che usa ogni mezzo espressivo dalle bacchette alle mani per creare una tensione percussiva gestita in pieno controllo. Un ottimo modo per concludere un festival da tenere d’occhio anche nei prossimi anni, così come le altre ramificazioni di Trentino in jazz.

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