Ecco il primo frutto del progetto “Side Eye“, l’iniziativa lanciata da Pat Metheny per dare spazio a giovani musicisti affiancandoli alla sua chitarra in concerti e registrazioni, di cui parlammo qui tempo fa. Si tratta di un live inciso a New York nel 2019 edito da Modern Recordings, con il tastierista ventiseienne James Francies (di casa Blue Note e già al fianco di Jeff “Tain” Watts, Chris Potter, Stefon Harris e del rapper e musicista Questlove) ed il batterista Marcus Gilmore (35 anni, nipote di Roy Haynes, esperienze con Steve Coleman, Vijay Iver e Ambrose Akinmusire) preludio ad un tour mondiale di 100 date già organizzato per l’anno prossimo con Joe Dyson dietro ai tamburi. Materiale misto, in parte originale, in parte rivisitato dal repertorio del chitarrista per un trio dalla veste multiforme, in grado di mutare pelle a seconda dei brani, dalle stratificate sonorità alla “Orchestrion” (“It starts when we disappear“), alla struttura basilare da hammond trio di “Timeline” un pezzo bluesy inciso da Michael Brecker nel suo “Time is of the essence ” nel 1999). Non manca nulla del Metheny sound che farà piacere agli aficionados, ma la dimensione ristretta ha il pregio ulteriore di sfrondare la musica da orpelli sovrabbondanti ed andare dritta al cuore di composizioni che riposavano nella storia di Pat Metheny. Come una “Bright life size” che parte su uno sfavillante monologo della chitarra mentre sullo sfondo si avvertono suoni di basso che paiono omaggio a quelli originali di Jaco Pastorius. Da quello stesso album d’esordio arriva anche “Sirabhorn” che seguiva la title track, una ballad intimista che si accende appena nel finale . Altri “ritorni” sono “Better days ahead” da “Letter from home” rallentata e privata del tocco latino dell’originale, ed una vibrante “Turnaround” di Ornette Coleman che richiama alla memoria quel fantastico doppio ECM “80/81″, un brano che esalta le doti improvvisative del trio, impegnato in sequenza in parti soliste di chitarra, pianoforte e batteria. Il nuovo è rappresentato da tre brani, di cui due estesi entrambi oltre i dieci minuti. Il primo, “It starts when we disappear , già anticipato come singolo di lancio, è una mini sinfonia che si apre su atmosfere sognanti segnate dall’elettronica ed attraversa varie sezioni e climi, dal caos alla quiete, regalando, quando il ritmo si mette in movimento, qualche momento di puro Pat Metheny Group sound. L’ultimo, “Zenith blue“, un’ estesa esposizione di synth guitar adagiata sulle note del piano elettrico che culmina in un convulso finale, in linea con tante composizioni del chitarrista. Ed infine, forse la novità più rilevante, il rock epico di “Lodger” un lungo assolo lungo il quale scorrono le immagini di tanti guitar heroes della storia. Compagni all’altezza della situazione, entrambi galvanizzati dal contesto ed in grado di assicurare un terreno ideale per le corde del maestro. Accorrano pure tranquilli i Pat-fans, anche stavolta il banchetto è di qualità e senza riempitivi.
Pat Metheny “Side eye NYC” (V1.IV)

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