Ferrara, sul Torrione torna a sventolare la bandiera

La pandemia ha avuto un impatto devastante su tutto il mondo della musica, ma in particolare sull’attività del Jazz Club Ferrara, particolarmente vulnerabile nella circostanza per via del suo ambiente raccolto: uno dei pochi luoghi jazzistici italiani in cui musicisti e pubblico si guardano negli occhi.  

Dopo le consuete pensose cogitazioni burocratiche (si stava considerando anche una percentuale con decimali, magari anche periodici), finalmente pochi giorni fa è giunta la notizia del ripristino dell’agibilità al 100% per teatri, cinema e sale da concerto, che renderà pienamente godibile con le solite precauzioni (mascherina e Green Pass) la notevole stagione che Jazz Club Ferrara aveva già audacemente impostato.

Una stagione che da sempre è una delle pochissime finestre aperte sulla scena internazionale, con in prima fila le proposte più recenti ed inedite. Anche i musicisti avvertono l’atmosfera particolare del Torrione, che così ha da tempo costruito un capitale di fiducia e di affezione che gli consente di poter fare solido affidamento su importanti presenze internazionali anche in tempi difficili per l’attraversamento delle frontiere.

Il massiccio programma prende l’avvio proprio in questi giorni e, come di consueto, copre il periodo sino alla pausa natalizia; la seconda parte della stagione sarà annunziata dopo.

Il cartellone è corposo e composito, come si può constatare dalla pagina web. Com’è nostra tradizione, mi limito ad evidenziare le cose che più mi ingolosiscono, raccomandando una più approfondita visita al sito che vi porterà senz’altro ad altre vostre scoperte.

Si parlava di ultime novità della scena americana, ed ecco apparire questo sabato 16 il raffinato e creativo Emmett Cohen Trio, un must per coloro che amano personali riletture della grande tradizione afroamericana, particolarmente di quella pianistica. Questo dovrei riuscire a raccontarvelo io.

Il 23 è di turno il collaudato quartetto di Linda Man Oh, che oltre al notevole Almazan al piano, stavolta schiera anche Greg Ward al sax: altro appunto in agenda.

Il 30 ottobre combattenti & reduci degli anni ’70 troveranno un’intrigante ‘triangolo’ che sembra creato apposta per loro: Tiziana Ghiglioni, Joelle Leandre e Giancarlo Schiaffini.

Un’avventura sommessa e meditativa….dobbiamo riparlarne

Il weekend di inizio novembre porterà frutti preziosi grazie alla consolidata partnership con Crossroads e Bologna Jazz Festival: il 6 Craig Taborn in trio con Ralph Alessi e Ches Smith. A prescindere dal prestigioso pedigree di ciascuno dei tre, Taborn ha appena licenziato un album live (‘Shadow Plays’ per ECM) che già ai primissimi ascolti mi sembra destinato ad entrare nella ristretta lista delle ‘cose che restano’ di questo anno travagliato. Il giorno dopo si fa filotto con un altro raffinato trio pianistico, quello di Christian Sands: il mio consiglio varrà quel che varrà, ma è stato il pianista di Christian McBride, che gli ha fatto generosamente da sideman al suo esordio come leader. Come referenza mi sembra che basti.

Non vi chedo di credermi sulla parola….

Questo ‘bellissimo novembre’ prosegue il 12 con il trio di Zeno de Rossi, il 13 con il quartetto di Peter Bernstein (mi figuro già i patiti della chitarra jazz moderna….), il 20 con i godibili WeFour di Fabrizio Bosso, il 27 il trio di Antonio Faraò, forte della benedizione personale di Herbie Hancock e con un veterano come Bruce Ditmas alla batteria.

A dicembre sotto l’albero di Natale troviamo un sospirato recupero: il 4 Don Byron ed Aruan Ortiz. Un raffinato esponente della consolidata scuola pianistica cubana che accompagna uno dei pochissimi clarinettisti emersi negli ultimi trenta anni, anch’egli musicista dalla cultura molto variegata. Grande serata già sulla carta.

Il 7 Uri Caine Trio, in cui spicca il basso di Mark Helias. L’11 sono in patente conflitto d’interessi: è di scena il quartetto di George Cables, che ormai è ad un passo dal collezionare la cittadinanza onoraria di Ferrara e Bologna, dopo quella di Bollate. Sapete come la penso, per me è uno dei pochi veri fuoriclasse del pianismo contemporaneo, anche lui ha da poco pubblicato un magnifico ‘Too Close fo Comfort’ (HighNote), purtroppo poco reperibile in formato fisico dalle nostre parti, si può sopperire con lo streaming. Al suo fianco il fedele ed affiatato Piero Odorici al sax. Una parentesi: oggi si fa tanto parlare di ‘resilienza’, ebbene Cables è proprio la resilienza in persona, basta scorrere la sua vicenda personale degli ultimi anni, trascorsa senza intaccare minimamente lo smalto di un grande stile, che ha anzi guadagnato qualcosa nei suoi colori.

Mi ripeto: nel programma c’è molto altro, ad esempio gli appuntamenti settimanali con la Tower Jazz Band, che sta fruendo di un raro ed invidiabile maternage da parte del Torrione, i cui frutti si stanno vedendo già (vedi alla voce ‘Unscientific Italians’).

E con questo vi lascio, non senza ricordarvi che il jazz non è tanto una cosa che si clicca nei vosti dispositivi, ma soprattutto qualcosa che avviene nella vostra vita. Milton56

Uno per cui la ‘resilienza’ non è un paroloide da consulenza aziendale….

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.