Ethan Iverson è personaggio di grande interesse. A fianco del musicista innovativo, troviamo infatti un pubblicista attivo sul web (famoso il suo blog ‘Do the Math’) ed anche sulla stampa specializzata e non: i suoi articoli sul bel Jazz Times sono talmente frequenti da essersi ormai trasformati in una rubrica fissa.
E questi pezzi smentiscono un po’ l’aura di campione del postmodernismo che qualcuno sarebbe tentato di affibbiargli considerati alcuni suoi trascorsi musicali: infatti quasi sempre la sua penna si esercita nella riflessione sulla storia della musica afroamericana, e lo fa anche con notevole acutezza ed originalità.
Ritornando alla musica militante, non si può non ricordare la sua lunga milizia da socio fondatore di ‘The Bad Plus’, una formazione molto caratterizzata nel proporsi a nuove fasce di pubblico attingendo materiali ad esse più familiari. Il fatto che dopo la separazione consensuale da Iverson questo gruppo sia arrivato alla sua versione 3.0 dovrebbe far riflettere sul suo peso e rilevanza.
Lasciati i Bad Plus, Ethan si è dedicato ad esperienze molto diversificate: da ultimo mi piace ricordare una ripetuta frequentazione del sassofonista Mark Turner, che rivela un’affinità di fondo che tradisce in entrambi una certa segreta fascinazione per l’universo tristaniano.
Iverson e Turner nel Billy Hart Quartet poche settimane fa al Piacenza Jazz Fest
Ma il nostro non manca nemmeno di svelare penchants ben diversi, oltre a notevoli attitudini nella dimensione orchestrale:
Ethan ed un suo quartetto di vecchi sodali si uniscono alla Umbria Jazz Band in un album completamente dedicato a Bud Powell
Molte idee, in tante direzioni diverse: un grande potenziale che però necessita di un solido appoggio produttivo. Sinora invece abbiamo seguito Iverson in una serie di traslochi da un’etichetta all’altra, sempre contraddistinte da una certa distinzione, certo, ma anche sempre diverse. Non proprio un vantaggio per uno che può mirare a progetti di grande respiro.
Qualche giorno fa è arrivata una notizia decisamente interessante: Iverson ha firmato un contratto con Blue Note e già si annunzia l’uscita a breve di un suo album. In quella che fu la casa di Alfred Lion e Frank Wolff c’era l’uso di far esordire i nuovi acquisti dell’etichetta in una cornice di gran lusso: la tradizione è stata osservata anche stavolta, poco dopo aver doppiato il capo degli 80 anni di vita ed attività (ottantesimo praticamente passato pressochè inosservato da noi, mah…..).
Infatti Iverson debutterà alla guida di un trio che vede al basso Larry Grenadier, autentico pilastro della formazione di Brad Meldhau, ed alla batteria Jack Dejohnnette, uno il cui curriculum riempirebbe una pagina partendo dal quartetto di Charles Lloyd del 1966 ed approdando allo Standard Trio di Keith Jarrett.
Spostando un attimo l’attenzione sull’etichetta, c’è da notare che Blue Note aggiunge quella di Iverson ad una già lunga serie di acquisizione di figure di prima grandezza (Charles Lloyd, James Carter, Ron Miles, Makaya McCraven, Joe Chambers, Julian Lage solo per citare alcuni dei più recenti) che, sommate ai giovani talenti allevati direttamente, vanno formare un ‘roster’ veramente notevole. Rapportato alla scena attuale, questo parterre comincia ad avere poco da invidiare a quello dell’aureo periodo ‘50/’60, anche sotto il profilo delle famose collaborazioni incrociate che fecero della label newyorkese un vero laboratorio permanente. Chapeau, Mr.Don Was, c’era proprio bisogno di un’etichetta fortemente strutturata e caratterizzata che nell’ambito strettamente jazzistico si ponesse come netta alternativa rispetto ad una nota casa europea.
Ma torniamo al disco del nuovo trio. Purtroppo non se ne sa molto, dobbiamo affidarci ad una curiosa battuta del compositore Iverson, che afferma di esser entrato in studio ‘con poche note scritte sulla carta: con due così (Grenadier e Dejohnnette, n.d.r.), non hai bisogno di molto materiale. Basta portargli qualcosa di molto semplice, degli schizzi essenziali, e loro li faranno suonare alla grande. Proprio come nella tradizione dei grandi dischi Blue Note degli anni ’50 e ‘60’. L’impressione è che ascolteremo un nuovo Iverson, parecchio diverso da quelli precedenti. Ma questa curiosità ce la toglieremo solo dopo l’11 febbraio, data di uscita negli States. Per ora dobbiamo accontentarci di questo singolo, a mo’ di ‘prossimamente’ (un tantno enigmatico). Milton56
‘The Eternal Verities’, recentissimo singolo che anticipa l’approdo a Blue Note