Sad news from Ariston

Finalmente è finita, e ora, dopo aver sopportato e taciuto per giorni, io che non partecipo al rito collettivo da quando Antoine e Caterina Caselli erano le star, posso togliermi qualche sassolino dalle scarpe, non senza prima esprimere meraviglia per il cospicuo numero di amici, musicisti e contatti vari che su Facebook hanno commentato day by day. Ma non era meglio un buon disco, un film da Mubi o un bel libro? Ma senza giudizio alcuno, perchè ognuno ha diritto alle proprie innocenti perversioni.

Per giorni la stampa e i canali televisivi sono sembrati più scadenti e impazziti del solito. Il motivo? Il Festival di Sanremo. Pare non ci sia scampo, anche se non se ne vuole sapere niente i media e i social bombardano fino allo sfinimento con foto, articoli, estratti di canzoni, e, devo riconoscere, uno dei pochi segnali di vita cosciente è giunta da L’Osservatore Romano (!) che si prende la briga di distruggere con classe, ironia e spietatezza un signor nessuno che, non avendo altri talenti da esibire, pare si sia presentato a dorso nudo esibendo orridi tatuaggi e scimiottando un battesimo (?).

Sicuramente il festival è un avvenimento economico importante per le casse della Rai, leggo che a fronte di 17 milioni di spese, tra sponsor e inserti pubblicitari ne rientrano 38. E’ forse l’unico dato positivo, perché dal punto di vista musicale, per i brandelli che ho sentito, come sempre siamo alla modestia che rasenta la sagra di paese e alla pubblicità dell’acqua Lete (C’è qualcuno?).

Quanti ricordano gli ultimi dieci vincitori del festival? E quanti sarebbero in grado di cantarne i motivi ? Una percentuale di italiani mortificante, perfino inferiore a coloro che votano Renzi o credono ancora che Ruby sia la nipote di Barak (Obama). Ma quello che a me preoccupa è l’importanza sconsiderata che pare tutti i media attribuiscano a un pugno di cantanti, spesso stonati, a fronte di mediocrissime canzonette e a falsi iconoclasti, giunti oltretutto con decenni di ritardo sugli originali (sono imitazioni degli imitatori), e alquanto ridicoli nelle raffazzonate imitazioni che possono impressionare solo sprovveduti e incolti.

Nel frattempo nel paese si muore sul lavoro, perfino da studenti, ci sono intere regioni in mano alla malavita, l’evasione fiscale è a livelli record,  i politici non perdono occasione per mostrare inadeguatezza e mediocrità, virologi e sciamani vari collezionano figure barbine in tivù, ma per fortuna almeno gli studenti danno segni di risveglio e di presa di coscienza, motivo per il quale vengono manganellati senza scrupoli. Poi la ministra Lamorgese parla di infiltrati violenti. Si, ma nei celerini….Ma i nostri media non hanno tempo per codeste frivolezze, c’è Amadeus e c’è Fiorello, vuoi mettere !

Un (brutto) festival che però è la fotografia fedele e impietosa del paese: inadeguato, stantio e superficiale, corrotto per buona parte e anestetizzato per l’altra parte. Un tempo esisteva un contro festival, chiamato con ironia e sagacia festival di Sanscemo. Probabilmente c’è stato uno scambio, ma è rimasta in vita la parte peggiore, quella letterale. Se sarà la bellezza a consolarci (salvarci mi pare eccessivo), non verrà certo dalla riviera ligure.

8 Comments

  1. Non lo guardo, perciò mi fido di quello che hai scritto. Vorrei far notare solo che i giornalisti musicali (non so se si dica così) hanno più palle di quelli politici, perché mi risulta che abbiano messo pubblicamente in imbarazzo Amadeus con domande su Morandi che l’hanno fatto arrabbiare non poco. I giornalisti che si occupano di politica, invece, sono capaci solo di leccare…

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  2. Sanremo è lo specchio dei nostri tempi nel bene e nel male. La percentuale da attribuire all’uno o all’altro dipende dalla sensibilità di ciascuno e dal nostro sentirci spesso fuoriluogo in un mondo che non sentiamo nostro ma è e rimane il mondo in cui noi siamo calati ed è qui che dobbiamo vivere. Sanremo è un prisma dalle mille sfaccettature. Possiamo guardarlo da ogni angolazione e perderci in riflessioni e “fiumi di parole” (cit. orribile e perciò chiedo venia) ma rimane parte del nostro vissuto e ci tocca. A me è sempre toccato, in ogni momento della mia vita, perché a casa mia era un po’ come la processione del venerdì santo: un obbligo sacro.
    L’ho amato e odiato e continuo a farlo così come faccio con la realtà che mi circonda. Demonizzarlo non ha senso.
    Esaltarlo sarebbe mediocramente triste.
    Esiste.
    Ci tocca.
    Stamattina per disintossicarmi vado di progrock e amen.

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    1. Mi trovo d’accordo con te. Io le canzoni le ascolterei anche, giusto una volta per capire, ma tutta la sovrastruttura sanremese non la reggo minimamente. Tuttavia è inutile lamentarsi, non lo guardo e silenzio l’hastag su Twitter, in genere non guardo la tv tradizionale quindi riesco a oltrepassare indenne la settimana.

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  3. una piccola piccola nota di memoria “A Muso Duro” di Piarangelo Bertoli –
    Canterò le mie canzoni per la strada
    Ed affronterò la vita a muso duro
    Un guerriero senza patria e senza spada
    Con un piede nel passato
    E lo sguardo dritto e aperto nel futuro

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  4. Mah, paradossalmente penso che si sbagli a ritenere Sanremo un fatto rilevante sotto il profilo musicale. Negli ultimi anni non mi sembra che siano usciti di lì epocali successi commerciali, anche perchè ormai esistono tanti e diversi pubblci della musica di consumo. Diciamo che è piuttosto uno spettacolo autoreferenziale, fine a sè stesso, in cui si autocelebra un establishment mediatico, RAI in testa. Avete fatto caso al fatto che si parla molto di più di chi lo presenta che di chi ci canta? 😉 Milton56

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