Telegramma da Bergamo

Pronti e via, il festival cala subito l’asso. Il trio di Vijay Iyer, con una nuova sezione ritmica, si produce in un set denso e strabordante. Tensioni che si accumulano fino allo sfinimento e poi si rilasciano in un susseguirsi inesausto e ricchissimo armonicamente e ritmicamente.

Un primo brano di mezz’ora, seguito da un secondo di quasi tre quarti d’ora che lasciano senza fiato per ricchezza di idee e di continua propulsione fino al raggiunto appagamento nel bis ripreso dal repertorio di Stevie Wonder. Matt Brewer e Jeremy Dutton non fanno rimpiangere Linda Oh e Tyshaw Sorey, e alla fine del concerto, il primo per me poiché quello pomeridiano di Tania Giannuli era sold out, mi è uscita una spontanea affermazione, “il meglio l’abbiamo già sentito”, subito repressa dai compagni di merende.

Gli altri amici di Tracce di Jazz presenti a Bergamo scriveranno recensioni approfondite, io mi limito a prime impressioni.

Il quartetto di Roberto Gatto, dignitoso e del tutto godibile, ha avuto il solo torto di venire dopo la tempesta scatenata da Iyer ed ha dovuto fare i conti anche con l’ora avanzata.

Il pomeriggio del venerdì aveva in programma il trio di Jakob Bro, ma, a tutti gli effetti, il vero perno del gruppo è stato il trombettista Arve Henriksen, dal timbro vocale e strumentale del tutto unico. Musica “impalpabile” come scritto nella brochure, al punto da sconfinare spesso nella noia. Mi prendo il rischio di questo giudizio: l’intero Auditorium ha mostrato di gradire, ma un set senza ritmo, tanto da rendere del tutto superflua la figura di Rossy, delegato a scarne e impalpabili coloriture, alla lunga fa si che il filo del discorso già esangue, si ingarbugli e si avviti sugli effetti elettronici .

Molto molto meglio la serata al teatro Donizetti, dove il trio di Fred Hersch con Enrico Rava ha navigato sulle tranquille acque del Song book americano. Nota di merito per il fantasioso Joey Baron e conferme per il tocco nitido e appagante del pianista. Rava? Monumentale. E come ogni monumento ha mostrato l’età e le crepe.

Gradevole sorpresa il quartetto di Jeff Ballard, altro strepitoso batterista, capace non solo di allestire un ottimo quartetto, ma anche di pescare un repertorio di classici e non , poco battuto e assolutamente stimolante. Conferme per il sassofonista Logan Richardson e il contrabbassista Joe Sanders. Bella scoperta, per me, nella figura del chitarrista Charles Altura il cui suono ombroso e metallico ben si adatta al sax alto più aperto e lirico di Richardson.

Da Bergamo è tutto, domani Ava Mendoza e Brad Mehldau.

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